Una spada di Damocle che si aggiunge ad altri nodi all’attenzione degli investitori. Un report degli analisti di Raymond James ha messo sotto la lente le aste per il 5G in Europa. Un elemento, questo, che sta appesantendo le valutazioni sui titoli. I dati elaborati restituiscono infatti la fotografia di un settore il cui indice generale (STOXX600 Telecom) risulta in calo del 12% da gennaio, rispetto a un indice di mercato STOXX Europe600 che nell’ Year To Date al 4 settembre ha chiuso in territorio leggermente positivo (+0,5%).
È chiaro che Raymond James non individua un solo colpevole, anche perché i punti di preoccupazione appaiono sempre più numerosi: nuovi attori in alcuni mercati (Iliad in Italia e rischi di nuovi arrivi in Belgio o Germania), mancanza di consolidamento, guerra dei prezzi nel comparto mobile. Le aste per il 5G aggiungono però timori in investitori già preoccupati per l’alto livello di investimenti e indebitamento delle telco in Europa.
In questo quadro tutti i principali player del mercato stanno soffrendo in Borsa. Prendendo a riferimento le quotazioni al 4 settembre, gli analisti di Raymond James segnalano un -2,6% per Deutsche Telekom; -12,9% per Telefonica; -26,7% per Vodafone Group; -12,7% per Swisscom; -15,2% per BT Group; -27,1% per Telecom Italia; - 42% per Iliad.
Tutte performance, queste, nell’Year To Date. Nell’ultimo mese, fra i peggiori, invece, ci sono Iliad (-11,4%); Vodafone (-11,1%) e Telecom Italia (-18%). Per ognuno di questi, fanno sapere da Raymond James, ci sono fattori specifici che hanno condizionato il titolo. In Italia però, oltre all’entrata a gamba tesa sul mercato di Iliad, a pesare è l’imminenza dell’asta 5G. Lunedì scade il termine a disposizione per le sette telco ammesse – Fastweb; Iliad; Linkem; Open Fiber; Telecom Italia; Vodafone; Wind Tre – per presentare le offerte.
Tutto questo non fa che aggiungere timori in investitori già preoccupati per l’alto livello di investimenti e indebitamento
delle telco in Europa. Quella in Italia, scrivono gli analisti, è solo una delle aste. Le prossime in Finlandia, Austria,
Norvegia, Svezia.
Nel 2019: Francia (asta “small”: 1,5 Ghz + 26 Ghz); Svizzera (asta “jumbo” 700 MHz; 1,4 GHz; 2,6 GHz e 3,5 GHz); Belgio ( 700MHz, 900 MHz, 1.8GHz, 2.6GHz, 1.4GHz, 3.6GHz); Germania (2.1GHz, 3.5GHz) e probabilmente dopo in Olanda (700MHz, 1.4GHz, 2.1GHz); Portogallo (700MHz); Danimarca (700MHz, 900MHz, 2.3GHz); Uk (3.5GHz) e ancora in Svezia (3.5GHz). E la lista non finisce qui, chiosano gli analisti ricordando due casi in cui l’esito è stato differente o comunque particolare. Entrambi in Francia.
In primis, scrivono da Raymond James, c’è la decisione di Martin Bouygues di rifiutarsi di acquistare una licenza 3G venduta a 4,95 miliardi di euro nel 2000 (in seguito l’ha acquistata per soli 619 milioni di euro nel 2006). La decisione è stata unica nel suo genere. Secondo caso: la decisione del governo francese di rinnovare i diritti d’uso dello spettro nell’aprile 2018 (900 MHz, 1.800 MHz e 2.100 MHz) senza un addebito una tantum. Anche questa è una decisione che non ha avuto bis.
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