La musica cambia in fretta nell’era della musica liquida. E così, a soli sette mesi dal debutto a Wall Street, Spotify lancia un piano di riacquisizione delle proprie azioni per un valore massimo di 1 miliardo di dollari. Il buyback della popolare piattaforma di streaming con limite fissato a 10 milioni di azioni scadrà il 21 aprile 2021. La comunicazione ai mercati, da parte della società fondata da Daniel Ek, risale alla sera di lunedì 5 novembre. Nessun obbligo ad acquistare un determinato numero minimo di azioni e in più la «finestra aperta» della possibilità di sospendere in qualsiasi momento il programma.
Un messaggio rassicurante ai mercati
«La tempistica - ha comunicato la società - e il numero effettivo di azioni riacquistate dipenderà da una varietà di fattori,
tra cui il prezzo, le condizioni generali di mercato e di business e le opportunità di investimento alternativo». È evidente
che in quel di Stoccolma si punti a inviare un messaggio di rassicurazione ai mercati. La terza trimestrale 2018, pubblicata
la scorsa settimana, metteva in risalto il primo utile di sempre da parte di Spotify, dovuto in ogni caso al proprio investimento
sulla piattaforma cinese Tencent.
Quando l’utile è «non ricorrente»
Nel periodo in questione la quotata ha registrato 43 milioni di euro profitti, dovuti a benefici fiscali per 125 milioni di
euro legati al cambiamento del valore dell’investimento nel servizio di musica in streaming della Repubblica popolare. I ricavi sono cresciuti nel periodo in questione del 31% annuo a 1,35 miliardi di euro, mentre il flusso di cassa è stato
nel trimestre di 33 milioni di euro, in rialzo rispetto ai 18 milioni del trimestre precedente. Insomma: l’utile di Spotify,
a quanto ha spiegato la società, è da interpretarsi come evento «non ricorrente».
L’ultimo scivolone in borsa
Il valore delle azioni di Spotify, settimana scorsa, è sceso così a quota 138 dollari, approdando in un territorio abbastanza
lontano dalla vetta di 199 dollari toccata a luglio di quest’anno. E dire che ad aprile, al proprio debutto in Borsa tramite
una ormai celebre quotazione diretta, la capitalizzazione della startup nata nel 2008 toccò i 26,5 miliardi di dollari. Come dire che il soggetto leader di mercato
nello streaming della musica pesava più di discografia (15,7 miliardi) e diritto d’autore (9,16 miliardi), ossia i due mercati
di riferimento. Alla faccia del proprio particolarissimo «eterno ritorno» dei conti in rosso. Né la crescita (+6%) degli utenti
attivi fino a quota 191 milioni registrata nel terzo trimestre 2018, né l’accordo con Samsung che doterà i nuovi device della
app di Spotify, a quanto pare, riescono più a tranquillizzare gli operatori finanziari. Vediamo un po’ se ci riesce questo
buyback.
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