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Borse alla svolta, così traballano i quattro pilastri del grande rally

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dopo il voto usa

Borse alla svolta, così traballano i quattro pilastri del grande rally

(Epa)
(Epa)

Il fatto che Wall Street e le Borse mondiali a caldo abbiano reagito bene alle elezioni di metà mandato statunitensi, semp licemente perché il risultato uscito dalle urne era quello atteso, non ha un grande significato. I rialzi di ieri delle Borse (+1,33% a Milano, +0,74% a Francoforte e oltre l’1% a Wall Street) non indicano un trend. Ma solo un rimbalzo su una notizia già scontata. La realtà è invece un’altra: la mezza sconfitta di Donald Trump rischia di aggiungere un ulteriore elemento incertezza sui mercati finanziari nel medio termine. Potenzialmente elimina infatti uno dei “pilastri” che dal 2017 avevano guidato al rialzo Wall Street: i super-stimoli fiscali voluti dal Presidente Usa.

Se questo sia negativo o positivo per le Borse è tema di dibattuto tra gli economisti. Le opinioni divergono. Ma una cosa è certa: questo è solo l’ennesimo “pilastro” a venire potenzialmente meno. Buona parte della narrazione che ha guidato al rialzo Wall Street e le Borse globali negli ultimi anni (politiche monetarie ultraespansive, tassi a zero, utili in aumento, crescita economica sincronizzata globale) sta infatti venendo meno. Lo scenario globale sta cambiando. Così, dopo il crollo di ottobre sul 62% dei mercati finanziari globali (secondo Deutsche Bank una debàcle del genere non si vedeva dal 1992), in tanti si chiedono se sia la fine del lungo ciclo positivo. In generale gli economisti ritengono che non sia ancora così, ma i rischi crescono. E l’Italia? Si trova in questo momento cruciale più fragile che mai.

Trump dimezzato

Il Parlamento spaccato in due negli Stati Uniti cambia di certo gli equilibri politici degli ultimi due anni. La prima politica che dovrebbe farne le spese è quella fiscale: difficilmente Trump potrà portare avanti ulteriori stimoli fiscali. Morale: il turbo fiscale, che nel 2017 ha guidato Wall Street sui record, esce indebolito dalle urne. Che impatto questo possa avere sulla crescita economica Usa, sugli utili aziendali e su Wall Street è oggetto di opinioni discordanti. Qualcuno ritiene che peserà. Qualcun altro invece ritiene che in fondo sia positivo: perché se Trump avesse varato ulteriori stimoli fiscali, avrebbe surriscaldato troppo l’economia Usa. La pensa così Andrea Delitala di Pictet Am: «Un’ulteriore spinta fiscale avrebbe creato più inflazione che crescita e questo avrebbe costretto la Fed ad essere più aggressiva nel rialzo dei tassi -. osserva -. Ora invece avremo un policy mix più efficiente». Questo non cambia però il fatto che uno dei “pilastri” che hanno sostenuto Wall Street nel recente passato ora appartiene solo al passato. E che ora aumenta l’incertezza.

La svolta della banche centrali

Se anche la Fed diventasse davvero meno aggressiva (cosa che per ora non è attesa, dato che i futures sui tassi Usa continuano a scontare un rialzo a dicembre e due nel 2019), resta il fatto che la Banca centrale Usa e tutte le altre nel 2019 saranno meno accomodanti di un tempo. A prescindere da Trump. Il grande “pilastro” che ha sostenuto tutti i mercati negli ultimi anni, cioè l’espansione della liquidità globale, l’anno prossimo sarà dunque più debole: se nel 2017 le banche centrali hanno iniettato in totale 2.600 miliardi di dollari sui mercati e nel 2018 pur sempre 710 miliardi, nel 2019 si fermeranno a 40. Ed escludendo la Banca centrale cinese, si arriverà a -80 miliardi. Un cambio epocale, che rischia di avere un impatto. Innanzitutto sui mercati obbligazionari (tassi in aumento e prezzi in calo) e poi su quelli azionari (ogni volta che i rendimenti dei titoli di Stato Usa salgono, tolgono appeal alle azioni facendo cadere Wal lStreet). Comunque vada, anche questo è un elemento di incertezza. Soprattutto in un mondo super-indebitato a livello privato e pubblico.

La crescita rallenta

Tutto questo (insieme alle mille altre incertezze) sta pesando sulla crescita economica globale. Così anche la narrazione che ha creato ottimismo sui mercati nel 2017 e in parte nel 2018 (la crescita economica sincronizzata nel mondo), rischia di cambiare. Nessuno prevede una frenata significativa dell’economia globale (né tantomeno di quella Usa), ma una perdita di smalto sì. Che impatto avrà questo sugli utili aziendali? L’attesa è per una frenata, anche negli Usa. Questo è un problema per Wall Street, anche se dopo la caduta di ottobre i prezzi delle azioni sono tornati più convenienti rispetto agli utili (P/e).

In questo contesto le elezioni statunitensi potrebbero avere un ruolo: se Trump ora farà più fatica a fare la sua partita in campo economico, potrebbe concentrare gl isforzi su quello internazionale dove ha la mano più libera. Dove? Il pensiero va subito sulla guerra commerciale: qualcuno teme che si accanirà (scenario negativo per i mercati), qualcuno crede che proprio l’indebolimento interno lo farà andare a un compromesso con la Cina (scenario positivo). Di sicuro questo è un altro elemento di incertezza.

L’Europa e l’Italia

L’ulteriore elemento di incertezza (novità del 2019) è la situazione italiana. Ieri, nonostante la prevedibile proceduta di infrazione in arrivo da Bruxelles sulla Manovra, il rimbalzo globale ha esteso i suoi benefici anche ai nostri BTp: lo spread sui Bund è così sceso a 290 punti base. C’è chi - come Antonio Cesarano di Intermonte - ritiene che lo spread possa scendre ulteriormente, dato che i tempi lunghi dell’iter di Bruxelles potrebbero spostare il focus degli investitori fuori dall’Italia per un po’. Ma i benefici sarebbero comunque di breve periodo: il poblema vero di questo Governo è che - con la retorica e con gli atti pratici - sta minando la fiducia sui mercati e sull’economia. E dato che la fiducia è il motore di entrambi, i contraccolpi possono prima o poi farsi sentire davvero. Questo è un altro elemento di incertezza che accompagnerà i mercati nel 2019. Come Brexit. Tutti elementi che mettono un’ipoteca sulla crescita economica europea. Dunque una nube - ulteriore - sui mercati.

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