Un quarto della produzione mondiale di cobalto resterà fuori dal mercato fino a metà 2019, un imprevisto che promette di rilanciare i prezzi del metallo impiegato nelle batterie dopo i recenti ribassi.
L’interruzione delle forniture dipende dall’improvvisa scoperta di tracce di uranio nel materiale estratto dalla miniera più grande del mondo, nella Repubblica democratica del Congo. Si tratta della miniera Kamoto, controllata da Glencore attraverso Katanga Mining.
Il gigante svizzero delle materie prime afferma di aver riscontrato un livello di radiottività non pericoloso per la salute, ma troppo elevato per consentire le spedizioni dai maggiori porti africani. Pertanto continuerà ad estrarre cobalto, ma ne bloccherà l’export fino a che non si sarà dotata di una speciale apparecchiatura per rimuovere l’uranio: la costruzione dovrebbe essere ultimata verso la fine del secondo trimestre 2019.
Kamoto, riavviata dopo un upgrading lo scorso dicembre, il prossimo anno dovrebbe raggiungere una produzione di 34mila tonnellate di cobalto, circa il 25% dell’offerta mondiale.
La sua entrata in funzione è stata probabilmente la causa principale della frenata dei prezzi del cobalto, dopo il rally che in un paio di anni li aveva più che triplicati.
Nonostante le prospettive di forte crescita dei consumi, soprattutto nelle batterie per l’auto elettrica, il metallo nel 2018 è in ribasso di circa il 10%, a 33,5 $/libbra secondo il Metal Bulletin.
Glencore, che in passato non ha esitato a tagliare la produzione di zinco e carbone per sostenerne i prezzi, non poteva scegliere momento più opportuno per comunicare la scoperta di tracce radioattive.
© Riproduzione riservata