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Cosa realisticamente può fare la Bce per aiutare l’Italia

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L'Analisi |RISCHIO SOVRANO E POLITICA MONETARIA

Cosa realisticamente può fare la Bce per aiutare l’Italia

La promessa del presidente della BceMario Draghi«fare qualunque cosa» per salvare l’euro è stata la chiave di volta per risolvere la crisi dei debiti sovrani dell’area euro. Quella promessa, fatta il 26 luglio del 2012, fu il preludio al varo di un pacchetto di misure di politica monetaria senza precedenti da parte della Banca centrale europea che si dimostrarono essere un vero e proprio medicinale salva-vita. Per l’euro e in particolare per i Paesi dell’area periferica.
Fu in particolare l’Italia a trarne grossi benefici.

Prima del “whatever it takes” di Draghi i rendimenti dei titoli di Stato a 10 anni viaggiavano ancora tra il 5 e il 6% mentre sulla scadenza a due anni il Tesoro si rifinanziava al 4 per cento. Nei successivi tre anni i tassi crollarono verticalmente arrivando a toccare i minimi storici. Lo spread, che allora viaggiava oltre i 500 punti, scese sotto quota 100 nel 2015. La spesa per interessi passò dal 5,2 al 4% del Pil garantendo un risparmio sul servizio al debito di circa 17 miliardi in cinque anni. La politica monetaria della Bce fu essenziale per riattivare il canale del credito all’economia reale e riattivare la macchina dell’economia.

Andamento dello spread Btp / Bund

Cosa potrebbe fare la Bce?
Mario Draghi insomma ha fatto tanto per l’euro e ha fatto tanto per l’Italia. Non è un caso che oggi, quando il rischio sovrano è tornato ad essere una minaccia, siano in molti a chiamarlo in causa. Ma cosa realisticamente può fare il presidente della Bce per aiutare il nostro Paese? Rispetto alla crisi del 2011-2012 la banca centrale ha molti più strumenti a sua disposizione per fronteggiare una situazione di instabilità finanziaria. Ed è anche per questo che, per quanto lo spread sia salito molto in questi mesi, resta ancora molto lontano dai picchi toccati durante la crisi. Ma quali sono questi strumenti e in che modo possono contribuire ad allentare la tensione sul rischio Italia?

L’arma spuntata di tassi e Qe
L’incertezza politica ha alimentato una grave crisi di fiducia sui mercati che ha spinto gli investitori esteri ridurre la loro esposizione in BTp per ben 68 miliardi di euro da maggio in poi. Sul futuro resta l’incognita su chi rifinanzierà il nostro debito pubblico nel 2019. La Bce, che acquista titoli sul mercato secondario nell’ambito del Qe, finora ha fatto la sua parte ma in futuro il suo contributo è destinato a ridursi. Dall’anno prossimo infatti il Qe finisce e la banca centrale potrà solo reinvestire i titoli alla loro naturale scadenza (si stimano 30 miliardi sull’Italia nel 2019). Ci potranno essere eccezioni per Roma? No perché il Qe non è uno strumento pensato per rifinanziare il debito degli Stati ma è un programma di politica monetaria finalizzato a rilanciare l’inflazione. Gli acquisti sono fatti in proporzione alla quota di ciascun Paese nel capitale della Bce e non è possibile fare deviazioni da queste quote (se non temporanee). La Bce potrebbe riattivare il Qe o rinunciare al rialzo dei tassi, previsto già per il 2019, solo nel caso in cui l’inflazione dovesse più bassa del previsto. Al momento una prospettiva poco probabile dato che da diversi mesi si sta assistendo ad un aumento dei salari in tutta l’area euro (segnale di una ripresa solida dell’inflazione “buona”).

Il bazooka delle OMT
Uno strumento che, a differenza del Qe, potrebbe fare effettivamente la differenza nella gestione del rischio Italia è un altro e non è mai stato utilizzato. Si tratta delle cosiddette Outright Monetary Transactions. Una sigla che definisce lo strumento che permette alla Bce di acquistare quantità potenzialmente illimitate di titoli di Stato a fronte di una specifica richiesta di un Paese membro a condizione che questo si impegni a rispettare una serie di condizioni in tema di disciplina di bilancio. Cioè faccia austerity. Secondo Capital Economics il fatto che gli attuali livelli di rendimenti e spread dei titoli di Stato italiani siano ancora ben lontani dai picchi toccati durante la crisi del 2011-2012 lascia ipotizzare che nell’immediato non si voglia ricorrere a questo strumento ma la vera domanda è politica: un governo sovranista, che ha fatto della sfida all’Ue e ai suoi vincoli di bilancio un suo cavallo di battaglia, potrà mai sottostare a un commissariamento dell’odiata Europa? O forse preferirà l’arma del ricatto e dell’Italexit per trattare con Bruxelles?

Nuovi Tltro per le banche
Se la fine del Qe è improbabile, il rialzo dei tassi vincolato al contesto macroeconomico, la richiesta di attivazione delle Omt politicamente delicata, resta ancora qualcosa che la Bce può fare per aiutare l’Italia. E cioè varare un nuovo piano di finanziamenti agevolati al sistema bancario (i cosiddetti piani Ltro e Tltro che la Bce varò per stimolare la ripresa del credito all’economia reale). Le banche italiane, che negli anni della crisi ebbero grossi problemi a rifinanziarsi sui mercati, ne fecero abbondante uso: un terzo degli oltre 700 miliardi erogati dalla Bce finirono agli istituti italiani e la loro prossima scadenza costringerà molti istituti a un cospicuo piano di emissioni obbligazionarie già nel 2019. Un rinnovo di questo programma da parte della Bce potrebbe contribuire non poco a risolvere i problemi di liquidità dei nostri istituti.

Ciò detto, segnala Capital Economics, «un nuovo piano di Ltro potrebbe rivelarsi inutile se il rating dell’Italia venisse declassato a livello “spazzatura” perché allora i BTp non sarebbero più utilizzabili come garanzia (collaterale in gergo) per ottenere prestiti dalla Bce». Per il momento va detto che la prospettiva di un declassamento, le cui conseguenze sull’accesso ai mercati dell’Italia potrebbero essere disastrose, resta ad oggi piuttosto remota. Perché i BTp siano rifiutati dalla Bce come collaterale è necessario poi che tutte e quattro le agenzie a cui l’Eurotower fa riferimento (S&P, Moody’s, Fitch e Dbrs) assegnino un giudizio inferiore a “investment grade” ai nostri titoli di Stato.

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