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Wall Street, la peggior settimana dal 2011. Il Nasdaq entra in fase…

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Wall Street, la peggior settimana dal 2011. Il Nasdaq entra in fase «Orso»

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Chiusura contrastata per le Borse europee, rimaste con il fiato sospeso per il rischio di una paralisi parziale del Governo federale americano in assenza dell’approvazione della legge sulla costruzione del muro al confine con il Messico, paralisi che potrebbe scattare dalla mezzanotte americana (l’alba in Italia). I listini hanno inoltre vissuto una giornata volatile a causa dell’approssimarsi della chiusura dell’anno e delle scadenze tecniche. Milano ha accusato la performance peggiore (-0,97% il FTSE MIB), mentre lo spread ha ripreso a salire a 257 punti.

Ancora una chiusura pesante per Wall Street, alle prese con l’imminente pericolo «shutdown». Il Dow Jones (-1.82% oggi) e il Nasdaq (-2,99%) archiviano la peggior settimana dall’ottobre 2008, mentre lo S&P 500 (-2.06%) ha vissuto la peggior settimana dall’agosto 2011. Il Nasdaq è sceso del 22% dal picco di agosto e dunque è entrato ufficialmente nel «bear market» (ribassi di oltre il 20% dall’apice), avendo bruciato 3mila miliardi di dollari di capitalizzazione in 4 mesi. Wall Street è ora ai minimi degli ultimi 17 mesi. Nel listino tecnologico, tutti e 4 i titoli Fang (Facebook, Amazon, Netflix e Alphabet) hanno perso oltre il 2,5% mentre Twitter è scivolata di più del 6 per cento.

Tiene banco la vicenda Usa sulla legge per il muro al confine con il Messico
Il presidente Usa, Donald Trump, ha scritto su Twitter che «ci sarà lo shutdown, se i democratici non voteranno la sicurezza al confine». Wall Street è risultata estremamente volatile, prima di scivolare con il Nasdaq in piena zona «Orso». Chuck Schumer, leader dei Democratici alla Camera, ha detto al vicepresidente Mike Pence che il suo partito n on è diposnibile ad approvare finanziamenti per il muro con il Messico, avvicinando la possibilità di una chiusura, sia pure parziale degli uffici federali, che coinvolgerebbe 800mila dipendenti.

La giornata è stata ricca anche di dati macroeconomici: oggi e' stato rivisto al ribasso l’andamento del pil Usa del terzo trimestre 2018, al 3,4%, dopo il 3,5% delle prime due letture. Il dato è peggiore del +4,2% del secondo trimestre del 2018, ma testimonia comunque un’attività in forte espansione e una congiuntura in ripresa ormai da metà del 2009. Intanto il numero tre all'interno del sistema della Federal Reserve, John Williams, presidente della Fed di New York, ha rassicurato che l’economia Usa è forte e quindi può permettersi il rialzo dei tassi deciso due giorni fa e magari i due messi in conto nel 2019. Il banchiere ha posto l'accento sulla flessibilità della Fed che può sempre cambiare le proprie decisioni sui tassi e può modificare anche il quantitative tightening.

Negli States è inoltre stato annunciato che a novembre, gli ordini di beni durevoli negli Stati Uniti sono cresciuti meno di quanto atteso, ossia dello 0,8% rispetto al mese precedente e dell'8,4% su base annua. Le spese delle famiglie americane, il grosso del pil Usa, sono inoltre salite dello 0,4% a novembre. Oggi, comunque, i mercati sono stati movimentati più che altro dall’approssimarsi della fine dell’anno e dalle così dette tre streghe, ossia le scadenze tecniche di futures, indici e opzioni. Così, dopo avere più volte cambiato la direzione di marcia, Parigi e Londra hanno chiuso sulla parità, Francoforte è salita dello 0,21%, mentre Madrid ha perso lo 0,46%.

Male le banche, Unicredit la peggiore. Giù anche Telecom
Piazza Affari ha risentito della debolezza delle banche, con Unicreditche ha guidato i ribassi, accusando un –3,8%. Sono andate male anche le Intesa Sanpaolo che hanno perso l'1,69%, leBanco Bpm (-2,75%), le Banca Pop Er (- 0,75%) e leUbi Banca (-2%). Anche le Mediobanca sono arretrate del 2,44%. Hanno perso ancora quota con convinzione le Telecom Italia (-3,8%), nel giorno in cui si è tenuto il cda della compagnia, chiuso però con un nulla di fatto. Il board si è limitato ad aprire un’istruttoria sulla richiesta di assemblea inoltrata da Vivendi, riservandosi di decidere il prossimo 14 gennaio.I tempi per l’assise dei soci, dunque, si allungano, mettendo in fuga la speculazione. Hanno inoltre perso quota le azioni della galassia Agnelli, da Fiat Chrysler Automobiles (-3,19%) a Ferrari (-1,47%), da Cnh Industrial (-2,47%) a Exor (-2,7%).

Rialzano la testa le St e le Mediolanum, sotto la lente Recordati
Per contro sono andate bene le Stmicroelectronics (+2,57%) , allontanandosi dai minimi da 18 mesi toccati nei giorni scorsi, e le Banca Mediolanum(+5,2%), le migliori del Ftse Mib, indice dal quale scompariranno dal 27 dicembre insieme alle Mediaset (+1,9%). Quest'ultime erano presenti nel paniere principale da ben 22 anni. I due titoli verranno sostituiti da quelli di Amplifon (-7,6%) e luventus Fc (-4,6%). . Hanno inoltre rialzato la testa le Brembo (+0,6%) e le Diasorin (+2,1%), oltre che le Moncler (+0,8%) e le Pirelli & C (+0,18%). Recordati ha guadagnato il 2,19% nel giorno in cui i vertici dell'azienda hanno confermato oggi le previsioni per l’intero anno 2018 e dato indicazioni per il 2019. «Per il prossimo anno Recordati prevede un’ulteriore crescita dei ricavi e della redditività grazie al continuo sviluppo organico delle attività e il contributo delle acquisizioni realizzate nel 2018, inclusa l’acquisizione di Tonipharm, annunciata in data odierna». Gli obiettivi sono di realizzare ricavi compresi tra 1,43 e 1,45 miliardi, un ebitda compreso tra 520 e 530 milioni, un utile operativo compreso tra 460 e 470 milioni e un utile netto compreso tra 330 e 335 milioni. Il cda della società ha invece valutato valuta "non congrua" l'offerta di Rossini, che ha lanciato un'opa totalitaria 27,55 euro per ciascuna azione.

Il cambio euro / dollaro

Saipem ed Eni chiudono deboli
Saipem ha registrato un andamento contrastato: i titoli sono saliti nella prima parte della seduta, mentre poi hanno perso quota nel pomeriggio, chiudendo con un calo dello 0,55%. Anche Eni ha registrato un ribasso dello 0,38%. A far cambiare direzione alla azioni ha contribuito l''andamento del greggio, estremamente volatile. A salvare Saipem dagli ordini in vendita non sono riusciti gli annunci sui numerosi contratti siglati negli ultimi giorni.

Fuori dal paniere principale, occhi puntati su Carige
Fuori dal paniere principale sono volate del 6,67% le Bca Carige, in vista dell'assemblea di domani per varare l'aumento di capitale da 400 milioni.
Non è tuttavia scontato che la famiglia Malacalza, che detiene il 27,5% delle azioni, dia il via libera all’operazione. Bene anche Salini Impregilo(+4,98%), mentre indiscrezioni di stampa parlano del progetto per un polo del settore costruzioni in Italia di cui starebbero parlando i vertici della società insieme a quelli di Cdp. Tra le società di costruzioni, si sono distinte anche le azioni di Astaldi(+11,5%).

Euro sopra 1,14, petrolio volatile
L’euro si è mantenuto al di sopra della soglia di 1,14 dollari (segui qui i principali cross), nel giorno in cui è stato annunciato che il pil Usa del terzo trimestre è cresciuto del 3,4%. E’ risultato volatile il prezzo del greggio. Il wti, contratto con consegna a ferraio, alla fine è salito, rimbalzando dai nuovi minimi dal luglio 2017 sotto la soglia di 46 dollari al barile (segui qui il Brent e il Wti)

(Il Sole 24 Ore Radiocor)

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