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L'Europa secondo Moody’s: nessun rating a rischio (neppure…

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L'Analisi |grafinomix

L'Europa secondo Moody’s: nessun rating a rischio (neppure l’Italia, per ora)

I segnali di rallentamento della crescita si moltiplicano, aumentano le incertezze politiche alla vigilia di una consultazione elettorale cruciale per l’intero continente e resta ancora tutto da risolvere il nodo Brexit. Nonostante questo però le prospettive per il debito pubblico all’interno dell’Eurozona restano «stabili» secondo Moody’s Investors Service: non particolarmente positive cioè, ma neppure così negative come molti iniziano a temere. Anzi, fra i rating sovrani vari dispensati dall’agenzia nessuno è accompagnato da un outlook negativo (nemmeno l’Italia) ed è la prima volta che questo avviene dal 2007: a suo modo un evento.

Nel 2018, come ricorda Moody’s, la maggior parte delle azioni intraprese sui rating sono state positive. Ci sono state in particolare le promozioni nei confronti di Spagna, Portogallo e Grecia e proprio il Paese ellenico è insieme a Francia, Slovacchia e Malta uno degli emittenti gratificati da un outlook «positivo». Il risvolto della medaglia è purtroppo l’Italia, declassata a «Baa3», l’ultimo gradino prima del livello junk o spazzatura, lo scorso ottobre: una mossa che, sottolinea ancora l’agenzia, «riflette l’impatto fiscale ed economico del cambiamento di orientamento del Governo nella strategia fiscale e la situazione di stallo sul fronte delle riforme strutturali».

L'EUROPA SECONDO MOODY'S
Fonte: Moody's Investors Service

La crescita e le sue ombre
Il 2019, parlando in termini complessivi dell’Eurozona si presenta con luci e ombre: la crescita rallenterà all’1,9%, ma rimarrà al di sopra del potenziale individuato nell’1,6% e sarà di sostegno al credito. Al tempo stesso però il ciclo ha superato il proprio apice e i rischi al ribasso sono in aumento. Fra questi, Moody’s sottolinea in particolare, oltre al già accennato rallentamento della crescita, le tensioni commerciali internazionali, ma anche l’impasse sull’esito di Brexit e soprattutto l’eccessivo indebitamento di alcuni Stati e la crescita della frammentazione politica. Elementi che, sommati assieme, aiutano a spiegare perché il livello generale dei rating sia ancora al di sotto rispetto ai giudizi pre-crisi.

Gli effetti del «caro-spread»
Il nostro Paese viene più volte tirato in ballo dagli analisti: quando si parla ovviamente di deficit (-2,6% rispetto al Pil per il 2019, peggio fa soltanto la Francia con -2,8%) e anche delle tendenze del debito. Ancora una volta insieme a Francia e Spagna, l’Italia vedrà soltanto una lieve riduzione del suo livello, che viene proiettato al 131 per cento (peggio di noi soltanto la Grecia con il 175%), e soprattutto indica un aumento dei pagamenti per interessi pari a 5,5 miliardi: un effetto tutt’altro che indiretto del «caro-spread» degli ultimi 12 mesi.

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Il nodo politico
Ma è sull’aspetto politico che forse si insiste di più: «In Italia - spiega Moody’s - i rischi politici hanno fatto crescere i costi di finanziamento così come gli squilibri Target2, riflettendo quindi un livello di deflussi finanziari dalle banche del Paese superiore ai riacquisti effettuati dalla Bce». Il tema dell’instabilità riguarda per la verità anche la Francia, con la protesta del «gilet gialli» e la stessa Germania, dove il tema migrazione e gli squilibri interni restano una fonte importante di tensioni all’interno della compagine di governo guidata da Cdu e Csu e mettono quindi a rischio la stabilità dello stesso esecutivo di coalizione.

I malanni dell’Europa
Più in generale, la prospettiva tutt’altro che remota di un successo delle forze anti-establishment nelle elezioni di maggio per il Parlamento europeo, unita alle profonde divisioni che restano fra gli stati membri, limitano le prospettive per riforme significative nel corso del 2019 e negli anni successivi. L’impressione, insomma, è che se l’Europa corre per questo motivo il pericolo di prendersi un raffreddore, l’Italia rischia la polmonite.

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