L’Arabia Saudita ha confermato l’intenzione di ridurre le sue esportazioni di petrolio: scenderanno a 7,2 milioni di barili al giorno a gennaio e a 7,1 milioni a febbraio contro i 7,9 milioni di barili al giorno dello scorso novembre.
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Alla stampa riunita a Riad, il ministro dell’Energia del leader di fatto dell’Opec ha dichiarato che «l’Arabia Saudita è in prima linea nel dimostrare la nostra leadership nel riequilibrare il mercato».
Il ministro, Khalid al-Falih, ha smentito le indiscrezioni del Wall Street Journal di lunedì scorso secondo cui, così facendo, il Paese del Golfo punta a risollevare i prezzi del barile a 80 dollari. Per Khalid al-Falih la riduzione delle esportazioni «non è una mossa pensata con un target di prezzo» ma è volta a «garantire che, prima di tutto, le scorte stiano ai livelli dove devono restare mentre continuiamo a monitorare la situazione». In Arabia Saudita «restiamo concentrati sui fondamentali e vi posso dire che otterremo un equilibrio tra domande e offerta nel 2019», ha concluso il ministro.
Il cartello e le nazioni alleate come la Russia che non ne fanno parte hanno deciso all’inizio di dicembre un taglio della produzione, effettivo dall’inizio del 2019. La decisione di Riad unita a un rinnovato ottimismo per i negoziati commerciali tra Usa e Cina sta sostenendo le quotazioni del greggio: il Wti guadagna il 4,8% a 52,13 dollari al barile. Solo questa mattina aveva conquistato i 50 dollari per la prima volta nel 2018, comunque lontano dai livelli sopra i 75 dollari di inizio ottobre.
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