La prospettiva di un rallentamento dell’economia mondiale, recentemente certificato anche dal Fondo monetario internazionale, allontana la stretta monetaria. Anche per questo i mercati, che per tutta la seconda parte del 2018, erano andati decisamente male, dall’inizio dell’anno hanno ripreso quota (l’indice Msci World segnala un rialzo del 5%).
Le dichiarazioni distensive del numero uno della Fed Jerome Powell, rilanciate nei primi giorni del nuovo anno, hanno dato un contributo decisivo, ma anche dalle altre banche centrali stanno arrivando segnali analoghi.
Ad esempio dalla Banca del Giappone che oggi ha confermato che la sua politica monetaria resterà eccezionalmente espansiva mantenendo il controllo sulla curva dei rendimenti sui titoli di Stato giapponesi ma soprattutto ha rivisto al ribasso le sue stime su Pil e inflazione.
Secondo le nuove stime l'inflazione nel 2019 si assesterà allo 0,8% dallo 0,9% previsto in ottobre, per via della flessione delle quotazioni petrolifere, e nel 2019 salirà allo 0,9% rispetto all'1,4% delle stime precedenti. Nel 2020 invece i prezzi sono attesi in crescita dell'1,4% dall'1,5% previsto. Per quanto riguarda la crescita ora si stima un +0,9% e non più un +1,4% nell'anno fiscale che si conclude a marzo. A fronte di questi numeri è logico ipotizzare tempi decisamente lunghi per la fine degli stimoli monetari e alla luce di queste considerazioni si spiega il netto deprezzamento dello yen che oggi si è svalutato di circa lo 0,3% sul dollaro.
Domani è la volta del direttivo Bce. Gli analisti si aspettano una conferma della politica monetaria in vigore e una presa d’atto del rallentamento del ciclo. Tuttavia - secondo gli analisti di Bank of America - bisognerà aspettare fino al direttivo di marzo per sapere se l’Eurotower ha in programma nuove misure.
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