Andamento titoli
Vedi altroElliott aumenta la presa su Telecom Italia al 9,4%, abbassa il prezzo di carico per azione a 0,52 euro e rinegozia il collar rinviandolo al 2020. Segno che il fondo di Paul Singer non ha intenzione di sgombrare il campo, mentre non si placa la polemica con Vivendi in vista del confronto all’assemblea del 29 marzo. L’aumento della quota del fondo attivista Usa è stata comunicata ufficialmente con un filing alla Sec, dal quale risulta che il numero delle azioni possedute da due entità del gruppo è cresciuto a 1,424 miliardi, passando dall’8,8% al 9,4% del capitale, mentre il prezzo di carico complessivo si è ridotto da 1.199,7 milioni di dollari a 842 milioni di dollari, per un prezzo di carico unitario sceso da 0,89 dollari a 0,59 dollari che oggi corrispondono a 0,52 euro. Molto più vicino alle attuali quotazioni di Borsa che ieri, sulla scia dell’arrotondamento di Elliott, sono balzate del 4,97% a 0,486 euro.
Sempre dal filing alla Sec, che porta la data del 30 gennaio, si apprende che su 750 milioni di azioni, pari al 4,9% del capitale, è stato rinegoziato un collar, sempre con controparte JP Morgan. Il collar, che è una combinazione di opzioni call (prezzo di esercizio 0,4809 euro) e di opzioni put (0,4351 euro), ha scadenze comprese tra il 29 maggio e il 29 settembre del 2020.
Serve in sostanza a proteggere il 4,9% in questo modo: il + o - 5% rispetto al prezzo medio delle opzioni di 0,458 euro è guadagno o perdita di Elliott, mentre se le quotazioni sono al di fuori del corridoio di prezzo delle opzioni non c’è nè guadagno nè perdita sulla quota che, a scadenza delle opzioni uscirebbe dalla disponibilità del fondo. Vivendi che - a quanto riferito - avrebbe mandato in settimana una lettera a Consob per “denunciare” l’interesse di Elliott a far scendere il titolo, è tornata - tramite un portavoce - a battere lo stesso tasto: Elliott «ha un approccio finanziario e opportunistico per trarre vantaggio dalla caduta del titolo», le quotazioni sono depresse a causa della «disastrosa governance» sorta dopo il ribaltamento del cda e «al momento non c’è nessun piano industriale».
Fonti vicine al fondo Usa replicano che invece Elliott non sta speculando, ma anzi tramite l’aumento della quota e il prolungamento del derivato di protezione, conferma il suo impegno per il rilancio di Telecom. Nel filing alla Sec Elliott ha dichiarato di considerare sottovalutate le azioni Telecom, e indicato che ci sono diversi modi di creare valore, tra i quali «la separazione della rete, la valutazione di opzioni di consolidamento, la conversione delle risparmio». «Ogni cambiamento nel board (Vivendi ha chiesto la revoca di cinque consiglieri Elliott, ndr) danneggerebbe l’esecuzione dei piani di creazione di valore», ha aggiunto il fondo.
Mentre continua la querelle verbale tra gli azionisti, risulta difficile immaginare come l’azienda che sta in mezzo possa gettare le basi per un piano industriale che non sia sottoposto a scossoni, tanto più che il nodo da sciogliere è quello del destino della rete. Si moltiplicano le dichiarazioni a favore di una rete unica con Open Fiber (joint Cdp-Enel), in modo da ottimizzare gli investimenti. Dopo il ministro del Tesoro Giovanni Tria e il presidente della Cdp Massimo Tononi che si sono espressi in questa direzione, ieri l’ad di Telecom Luigi Gubitosi ha lanciato a mezzo stampa l’appello per la costituzione di un tavolo di lavoro con Open Fiber.
Al momento però - come ha ribadito l’ad di Open Fiber Elisabetta Ripa - la disponibilità dell’azienda controparte è limitata ad accordi industriali, dando seguito al memorandum of understanding siglato con il precedente ad Amos Genish, l’8 novembre scorso, pochi giorni prima la sua rimozione. Troppo fluida la situazione Telecom, che rischia di non trovare soluzione, chiunque vinca il braccio di ferro nell’azionariato, neanche con l’assemblea di fine marzo. Per il momento - a quanto si apprende - anche l’arrotondamento della quota di Cdp in Telecom , pari al 4,9%, non è un’ipotesi sul tavolo, mentre si attende la presentazione del piano di Gubitosi a fine febbraio, secondo Tononi «un momento importante per tirare le somme».
Intanto Vivendi ha completato l’acquisizione di Editis da Planeta, sulla base di un enterprise value di 900 milioni. Arnaud de Puyfontaine, ceo di Vivendi, sarà anche presidente di Editis, mentre Pierre Conte è stato confermato ad.
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