Per i titoli di Stato italiani spira un vento favorevole da due mesi a questa parte. In parte per effetto dell'intesa con Bruxelles sul bilancio di fine novembre. In parte per un contesto di politica monetaria molto più favorevole per via della decisione delle principali banche centrali, Fed in primis, di mantenere la politica monetaria espansiva. Lo dimostra il netto calo di rendimenti e spread dei BTp registrato in queste settimane, i buoni riscontri in termini di domanda alle aste di titoli di Stato, ma anche alcune prime indicazioni sul fronte dei flussi di capitale.
Per le statistiche ufficiali di Bankitalia è ancora presto ma le ultime rilevazioni effettuate da State Street Global Advisor
offrono una prima conferma del fatto che i grandi investitori istituzionali esteri, a partire da dicembre, sono tornati a
riposizionarsi sui BTp.
La società americana, che trimestralmente monitora i flussi di capitale sulla base dei circa 10mila miliardi di dollari di
attivi che ha in custodia in quanto banca depositaria, ha certificato che, nel quarto trimestre, gli investitori hanno nel
complesso ridotto la loro esposizione in BTp ma ha rilevato anche che, a partire da dicembre, questo trend si è interrotto
e i flussi di acquisto sui mercati secondari sui BTp sono tornati sui livelli medi dell’ultimo quinquennio.
Il rapporto non offre indicazioni specifiche sull’ammontare dei flussi e delle posizioni ma rileva se, in un determinato lasso temporale, i gestori hanno aumentato o diminuito la loro esposizione rispetto alla media degli ultimi 5 anni. L’indicazione resta piuttosto eloquente: «I dati relativi ai flussi degli investimenti a lungo termine, che riguardano in prevalenza gli investitori internazionali, hanno evidenziato un solido miglioramento dei BTP a dicembre. Il ritorno del sentiment verso i BTP è stato spesso passeggero negli ultimi sei mesi del 2018 ma, per ora, gli investitori non stanno ritornando ad un posizionamento più difensivo», si legge nel rapporto.
I dati sui flussi di State Street confermano una ripresa dell’interesse verso i BTp che, in queste prime settimane dell’anno, possono contare anche sull’apporto di una politica monetaria più espansiva che favorisce la propensione al rischio.
Tra le case di investimento che in questa fase si stanno riposizionando sull’Italia c’è Aviva Investors, asset manager che fa capo al colosso britannico delle assicurazioni: «Crediamo che sia i BTp sia le banche italiane rappresentino un'opportunità di investimento – spiega il ceo Euan Munro a Il Sole 24 Ore -. Certo, l'economia sta mostrando segnali di rallentamento, ma è anche vero che è un trend in atto in tutta Europa. Oltretutto, a fronte di una frenata del ciclo generalizzata, la politica monetaria della Bce è destinata a rimanere accomodante e ciò gioca a favore dei Paesi periferici come l'Italia. Non bisogna dimenticare poi che le valutazioni dei BTp restano ancora molto attraenti. Soprattutto per un Paese i cui fondamentali economici restano buoni. Anche sul fronte fiscale poi credo che nell'Eurozona ci siano Paesi messi peggio dell'Italia, che resta uno dei pochi ad avere un avanzo primario».
Nell’immediato il contesto generale di mercato resta favorevole. Sul medio-lungo termine restano diverse incognite all’orizzonte che potrebbero guastare la ritrovata serenità dell’Italia sui mercati. Una di queste è ovviamente la crescita. Di recente Pimco, uno dei maggiori fondi obbligazionari al mondo, si è espresso negativamente sulle prospettive dell’economia italiana dichiarando di volersi tenere alla larga dai BTp.
Se è vero che un rallentamento era scontato dagli investitori e la reazione dei mercati alla frenata del Pil non è stata così dura, in prospettiva un calo prolungato del Pil può mettere a rischio la sostenibilità del debito. Non è escluso peraltro che se l’economia dovesse continuare ad andare peggio di quanto le rosee previsioni del governo non lascino intendere si possa riaprire il terreno di scontro con la Commissione su una manovra bis. Si spiega così la recente risalita dello spread dopo gli ultimi dati sul Pil e gli indici di fiducia Pmi di gennaio sotto le attese.
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