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Intesa, l’utile sale oltre 4 miliardi. A fine 2019…

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Intesa, l’utile sale oltre 4 miliardi. A fine 2019 un’altra maxi cedola

Il contesto rimane «sfidante». Ma anche in un quadro di crescita più bassa delle attese e di mercati volatili, Intesa Sanpaolo conferma la capacità di generare reddito: nel 2018 il gruppo guidato da Carlo Messina ha messo in cascina un utile pari a 4,05 miliardi, contro i 3,81 del 2017, con una crescita del 6% pro-forma. Per il primo gruppo bancario italiano si tratta del miglior risultato dal 2007, un dato che consente di distribuire ai propri azionisti 3,4 miliardi di dividendi cash, pari a un dividend yield del 10% e a un payout ratio dell’85%. «Intesa Sanpaolo ha confermato la capacità di raggiungere tutti gli obiettivi», ha evidenziato ieri il manager in conference call con gli analisti. E ha promesso per il 2019 un ulteriore crescita del risultato netto, con un payout dividend dell’80%.

I risultati del 2018

Il quarto trimestre ha portato con sè dati più magri del previsto sul fronte dei margini da interesse, scesi del 5,7% a 1,738 miliardi rispetto agli 1,844 miliardi del terzo trimestre 2018, anche alla luce della riduzione della rischiosità del portafoglio titoli. Complice la volatilità sui mercati e i tassi di riferimento che permangono in area negativa, la banca registra così una riduzione degli interessi netti su base annua del 2,2% e delle commissioni nette del 2,1%. Sui dati dell’ultima parte dell’anno ha inciso poi la svalutazione totale del bond subordinato Carige da 80 milioni lordi sottoscritto dall’istituto. D’altra parte la banca ha compensato la pressione sui margini agendo in particolare su due leve: quella dei costi operativi (scesi del 3,6% su base annua), e beneficiando del lavoro fatto sul fronte dei crediti deteriorati nel corso degli ultimi anni. Le rettifiche sono scese di circa un miliardo rispetto al 2017 (si tratta del livello più basso dal 2007), mentre la copertura dei deteriorati sale al 54,5%. In 13 mesi la banca ha smaltito circa 18 miliardi di euro di crediti non performanti, a cui si aggiungono 11 miliardi di ulteriore taglio con l’accordo fatto con la svedese Intrum. Di fatto Intesa è già al 60% della propria road map sul fronte derisking. Oltre ad avere uno stock di Npe più basso da coprire, Intesa si ritrova con un flusso di ingresso dei crediti a deteriorati al livello più basso di sempre,grazie al miglioramento della qualità degli impieghi. Così, con crediti meglio coperti e data la solidità patrimoniale (il Cet 1 è al 13,6%, nonostante i 30 punti base erosi dell’aumento dello spread dei Titoli di Stato), il gruppo ha i margini per alleggerire più velocemente il fardello non performing loans. Tanto che per Messina è «assolutamente possibile anticipare» il target del piano d’impresa 2018-2021 «al 2020», che prevede di arrivare a 26,4 miliardi di Npe dai 36,5 miliardi attuali.

Le prospettive per il 2019

Il tema degli Npe si intreccia a doppio filo con quello dell’economia del paese. Su questo fronte, il ceo di Intesa tranquillizza gli analisti. Nonostante il rallentamento economico previsto, «i fondamentali delle imprese rimangono solidi» e quindi ha senso aspettarsi «una performance positiva in termini di costo del rischio in 2019». Confermati dunque gli obiettivi di crescita dei ricavi, voce che insieme ai costi in continua riduzione, nei piani della banca consentirà una «crescita del risultato netto rispetto al 2018», con un payout dividend dell’80%.

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Sullo sfondo rimane il tema dei margini di interesse. Su questo versante, l’Euribor in territorio negativo è di fatto un elemento che pesa sulle prospettive reddituali di Intesa come delle altre banche italiane. La banca è di fatto ben posizionata in vista di eventuali rialzi dei tassi: ogni 100 punti base di aumento dei tassi di riferimento, si traducono in un incremento degli interessi netti di 1,8 miliardi. Anche in un quadro di mancato ritocco all’insù, per Ca’ de Sass non sono attesi impatti rilevanti. Anzi. Il ceo mette in evidenza come un contributo possa arrivare dai titoli di Stato, il cui portafoglio è cresciuto di 10 miliardi tra gennaio e dicembre. Mentre dall’altra parte la banca conta di risparmiare sul lato del funding: la banca è in eccesso sotto il profilo della liquidità, tanto che non sono previste emissioni wholesale per la prima parte del 2019.

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