UniCredit ha pubblicato gli attesi dati di bilancio. Vediamo i punti principali dei dati contabili, partendo dal conto economico.
L’utile operativo netto del Gruppo Core (cioè delle attività che non sono oggetto di dismissioni) si è assestato a 7,5 miliardi
in rialzo del 12,3% rispetto al 2017. Quello dell’istituto nella sua completezza (cioè considerando il Non core) è stato,
invece, di 6,4 miliardi (+13,1%). Si tratta di numeri cui ha contribuito, tra le altre cose, la riduzione dei costi operativi.
Questi, nel Gruppo Core, sono scesi a 10,6 miliardi (-5,5%) portando il rapporto del Cost/income( ricavi su oneri operativi)
al 53,5% (era il 56,5% lo scorso anno).
La redditività, va ricordato, è stata realizzata nonostante gli accantonamenti effettuati nell’anno appena concluso a causa
delle sanzioni Usa. Queste sono state contabilizzate in parte dalla Commercial Bank in Germania e in parte dalla Commercial
Investment Bank. L’amministratore delegato Jean Pierre Mustier ha ricordato che la voce in oggetto è comunque riconducibile
a prima dell’ultimo trimestre del 2018 rispetto al quale le sanzioni non hanno implicato ulteriori impatti.
Infine i ricavi. Il margine d’intermediazione è leggermente calato (-0,4%) arrivando a 19,872 miliardi. Si tratta di un
risultato dove un ruolo importante è stato recitato dal margine d’interesse. Quest’ultimo è salito del 2,2% grazie alle dinamiche
commerciali. C’è stato, infatti, l’incremento dei volumi dei prestiti (+227 milioni) e il calo dei costi dei depositi e del
funding. Un mix che ha più che conrobilanciato la contrazione dei tassi applicati alla clientela e i volumi dei depositi stessi.
Le commissioni nette, dal canto loro, sono rimaste di fatto invariate. Mentre c’è stato il forte calo, e non poteva essere
altrimenti visto l’andamento dei mercati, il risultato netto dell’attività di negoziazione.
Il capitale di vigilanza come previsto
Al di là della dinamica della redditività operativa c’era interesse, da parte degli operatori, per l’andamento del capitale
di vigilanza. Com è noto il Cet1, nella pubblicazione dei dati dei primi nove mesi dello scorso esercizio, da un lato era
risultato inferiore rispetto a metà anno a causa di alcune voci non ricorrenti (soprattutto svalutazione della turca Yapy
e balzo dello spread BTp-Bund). E, dall’altro, le sue stime da parte dell’istituto per fine 2018 erano state abbassate nella
forchetta tra l’11,5 e il 12%. Orbene alla fine l'indicatore si è assestato al 12,07%. Cioè un poco sopra alla mediana dell’intervallo
previsto.
Continua il miglioramento della qualità degli asset
Infine la qualità degli asset. Le posizioni deteriorate lorde del gruppo sono risultate 38,2 miliardi. Si tratta di un bel
calo se si tiene conto che dal terzo trimestre del 2016 la riduzione di questa voce contabile è di 38,6 miliardi. Il rapporto
tra crediti deteriorati lordi e totale crediti lordi si è assestato al 7,7%. Lo stesso indicatore (al netto però delle coperture)
è del 3,2% (si trovava l’1,65% più in alto di un anno fa).
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