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L’Esma toglie i derivati dal caos di Brexit: ok alle controparti…

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tra politica e finanza

L’Esma toglie i derivati dal caos di Brexit: ok alle controparti inglesi

Un dipendente controlla le nuove bandiere dell'Unione Europea (UE) e del Regno Unito nella fabbrica di Flying Colours Flagmakers  a Knaresborough, Inghilterra settentrionale, il 7 febbraio 2019. (AFP)
Un dipendente controlla le nuove bandiere dell'Unione Europea (UE) e del Regno Unito nella fabbrica di Flying Colours Flagmakers a Knaresborough, Inghilterra settentrionale, il 7 febbraio 2019. (AFP)

L’Esma (European Securities and Markets Authority) ha sbrogliato la matassa dei derivati regolati attraverso le Controparti centrali inglesi: anche in caso di Brexit senza accordo - ha comunicato ieri l’Autorità europea degli strumenti e dei mercati finanziari -, le tre Controparti centrali britanniche saranno comunque riconosciute in Europa e potranno continuare ad operare sui derivati con banche dell’Unione europea. Così la “bomba” di hard Brexit è stata disinnescata, almeno per ora con licenze temporanee, per quanto riguarda i derivati standardizzati che passano attraverso le tre Controparti centrali inglesi: LCH Limited, ICE Clear Europe e LME Clear Limited.

Facciamo un passo indietro. I derivati standardizzati (come i credit default swap) sono regolati da Controparti centrali, cioè istituzioni che si mettono in mezzo a due contraenti in derivati e che dunque garantiscono il buon esito del contratto qualora uno dei due fallisca. Il loro ruolo è cresciuto molto dopo il crack di Lehman Brothers nel 2008: a quel tempo il fallimento di una grossa banca, che era controparte di molte operazioni in derivati, fece emergere la necessità di avere dei soggetti che si facessero carico di garantire il mercato e il buon esito delle operazioni in derivati. Questo ha aumentato il ruolo delle Controparti centrali. Oggi solo ICE Clear Europe, per citare una delle tre britanniche, ha posizioni su credit default swap per un ammontare di 1.600 miliardi di dollari.

Ma Brexit rischiava, in Europa, di mettere un nuovo bastone tra le ruote a questo mercato. Il problema nasce dal fatto che se il divorzio tra Gran Bretagna ed Unione europea avvenisse senza accordo (ipotesi sempre più probabile), le banche inglesi e le Controparti centrali perderebbero il passaporto europeo. Questo metterebbe a rischio la continuità contrattuale in molti ambiti finanziari. A partire dai derivati. Considerando le dimensioni enormi di questo mercato, era necessario ripristinare l’ordine. E scongiurare un salto nel buio così grande. Così ieri l’Esma, dopo mesi di consultazioni e di lavoro, è arrivata a sbrogliare la matassa: le tre Controparti centrali britanniche saranno riconosciute anche in caso di Brexit senza accordo. «La decisione - scrive l’Esma in una nota - serve a limitare il rischio distruttivo nel settore del clearing e a scongiurare un impatto negativo sulla stabilità finanziaria nell’Unione europea»

Resta però il tema dei derivati non standardizzati (quelli creati su misura dalle banche inglesi per le aziende anche italiane). Questi non sono regolati attraverso Controparti centrali: qui il problema di Brexit senza accordo permane. Su questi ogni Paese deve prendere una decisione analoga a quella adottata ieri dall’Esma per i derivati standardizzati: cioè autorizzare le banche inglesi a continuare ad operare nel territorio nazionale. Il Ministero dell’Economia è al lavoro.

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