In assenza di soluzioni finali sulla rete Telecom, che al momento non possono esserci, le aspettative di una parte del mercato si sono dirette verso altre ipotesi di operazioni straordinarie che erano in effetti opzioni prese in considerazione nella passata gestione di Amos Genish. Se tra le priorità c’è la riduzione del debito, una via facile per cominciare a intaccare la montagna sarebbe quella di monetizzare una parte della partecipazione detenuta in Inwit, che in Borsa capitalizza più di 4 miliardi.
Ma se l’idea, tanto più in vista del 5 G, è quella di esplorare possibili collaborazioni - come si sta facendo con Open fiber - allora meglio non allentare la presa sul 60% della società delle torri mobili. Gli occhi sono puntati su Vodafone, con la quale ci sono già accordi di condivisione, che ha una densità di copertura analoga a quella di Inwit. Vodafone in effetti, a livello di gruppo, sta riflettendo al suo interno come valorizzare il suo parco torri, ma le conclusioni non sembrano imminenti. Si parla però di condivisione delle antenne di trasmissione, che sono di proprietà Telecom, e non di Inwit che detiene le torri su cui poggiano le antenne e dunque non sono eslcuse novità in tal senso,
Di fatto non si tratterebbe perciò di operazioni straordinarie su Inwit nel piano che oggi l’ad Luigi Gubitosi presenterà in consiglio. Ma nemmeno ci sarebbero ipotesi di cessione di una quota di Sparkle per reinvestirle nel potenziamento della rete di cavi internazionali, che era l’altra voce che circolava ieri.
Si conosceranno oggi i dettagli del piano che appunto non potrà però dare risposte definitive sul tema della rete, sul quale soprattutto c’è la massima attenzione generale. Molti tasselli devono ancora andare al loro posto perchè la rete unica, scorporata o meno, possa decollare. La base minima è la “stabilizzazione” dell’azionariato Telecom e la normalizzazione della dialettica all’interno del consiglio. A riprova del clima turbolento, proprio ieri si è appreso che - questa volta da parte del ceo di Vivendi Arnaud de Puyfontaine, nella sua veste di consigliere Telecom - è stato recapitato il terzo esposto “francese” alla Consob, tecnicamente una “segnalazione di vigilanza” di 44 cartelle che denuncia supposte violazioni di governance. Rafforzando concetti che sono già stati esposti nelle segnalazioni di Genish, prima, e in quelle di Vivendi, poi, che riguardavano anche il collar col quale Elliott ha protetto parte della propria esposizione.
A quanto risulta, ci sarebbero infatti ancora contestazioni sull’impairment test “forzato” dopo il terzo trimestre che ha comportato 2 miliardi di svalutazione degli avviamenti; sul presunto “golpe” - con la supposta regia del presidente Fulvio Conti - per defenestrare l’ad scelto dai francesi ma riconfermato dal nuovo bord al suo insediamento; sull’iter reputato irregolare per la designazione del suo sostituto; ancora sulla struttura del collar di Elliot che, nelle accuse, avrebbe tratto vantaggio dal calo delle quotazioni seguito al profit warning sui risultati del 2018. De Puyfontaine avrebbe chiesto inoltre alla Consob di investigare su tutti gli aspetti, acquisendo anche documentazione, comprese le comunicazioni scambiate tra presidente, Elliott, consiglieri in quota Elliott e lo studio legale BonelliErede che assiste Telecom.
Un clima da perfetto Vietnam, che probabilmente non si stempererà con l’assemblea del 29 marzo nella quale sarà messa ai voti anche la richiesta di Vivendi di revocare cinque consiglieri dello schieramento “avversario”. Per questo non si esclude che possa essere chiamata più avanti una nuova assemblea dove però l’ipotesi più accreditata è il rifacimento dell’intero consiglio, anche per fare spazio alla Cdp, tanto più se sarà salita nel frattempo al 10%.
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