Il tweet con cui il presidente americano Donald Trump ha annunciato il rinvio dell’entrata in vigore di dazi con la Cina in programma per il primo di marzo alla luce dei progressi nella trattativa con Pechino sul commercio ha messo il turbo ai mercati azionari orientali.
È in particolare la Borsa cinese ad aver messo a segno la performance più brillante dato che l’indice Shanghai Composite ha chiuso gli scambi con un rialzo del 5,6% mentre l’indice CSI 300, che monitora l’andamento delle 300 maggiori società cinesi, ha guadagnato il 5,95 per cento. Per Shanghai si tratta del maggior guadagno giornaliero da giugno 2015.
Il mercato azionario cinese è tra quelli che più hanno risentito del clima di incertezza globale che ha zavorrato gli indici l’anno scorso: il 2018 si è chiuso con un pesante passivo del 25% sullo Shanghai Composite e del 27% sul Csi 300. Il pesante storno del 2018 gli ha tuttavia permesso di beneficiare più di altre piazze del cambio di vento sui mercati. Con il rally di oggi il saldo da inizio anno mostra guadagni particolarmente sostanziosi per i due indici: per il CSI 300 il rialzo è infatti del 25% mentre per lo Shanghai Composite il guadagno è del 20 per cento.
La rivalutazione del renminbi
Per un investitore estero che avesse puntato sulle piazze cinesi c’è anche il fattore valutario a giocare a favore visto che,
di pari passo con il rialzo delle Borse, si è rivalutato anche lo yuan con un guadagno da inizio anno del 2,47% sul dollaro
e del 3,47% sull’euro. Tenendo conto del rialzo della valuta il guadagno in euro per un investitore che avesse puntato sul
CSI300 sarebbe stato del 28,6% mentre in dollari il ritorno sarebbe stato del 27,3 per cento. I flussi di capitale dall’estero
verso la Cina sono peraltro tornati ad affluire copiosi: solo a gennaio le autorità che gestiscono le piazze di Shanghai
e Hong Kong hanno registrato 9 miliardi di dollari di investimenti esteri sul mercato azionario.
Aziende sottovalutate
Ma perché le Borse cinesi sono salite tanto in queste prime settimane dell’anno? In parte per una questione di sottovalutazione.
Ci sono tante aziende dai fondamentali molto solidi le cui valutazioni erano diventate estremamente attraenti dopo lo storno
del 2018. All’inizio dell’anno le società del CSI 300 trattavano in media a un prezzo di mercato pari a 10 volte gli utili
attesi. Valutazioni così basse non si vedevano dal 2014 e in media nell’ultimo quinquennio la Borsa cinese ha trattato a un
multiplo prezzo/utili attesi di 13 volte.
I am pleased to report that the U.S. has made substantial progress in our trade talks with China on important struc… https://twitter.com/i/web/status/1099800961089003522
– Donald J. Trump(realDonaldTrump)
Altro fattore chiave è poi quello dei dazi. Se nel corso del 2018 sono state soprattutto le notizie negative sul fronte della trattativa con gli Stati Uniti a prevalere, con il nuovo anno il flusso di notizie è tornato ad essere più favorevole.
Emergenti in ripresa grazie alla Fed
Il contesto di mercato poi è tornato ad essere favorevole per le classi di investimento rischiose come i mercati emergenti
(per quanto possa ancora considerarsi economia emergente la Cina). Questo è successo perché i banchieri centrali in tutto
il mondo hanno ammorbidito la loro politica monetaria alla luce del rallentamento della congiuntura e ciò ha favorito in generale
la ripresa dei mercati finanziari. Anche la stessa Cina ha peraltro messo in atto misure di stimolo monetario per rilanciare
la sua economia e non è escluso che nei prossimi mesi possano arrivare nuovi interventi per stimolare la ripresa.
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