Venti di pace commerciale tra Cina e Stati Uniti. Venti arrivati da alcune fonti interpellate dall’agenzia di stampa Blooomberg, secondo le quali le due superpotenze sono sempre più vicine a un accordo su dazi, commercio e proprietà intellettuale. In attesa di saperne di più, nella vaghezza di queste nuove indiscrezioni, la Borsa cinese non ha aspettato: con il rialzo dell’1,12% di questa notte, l’indice Shanghai Composite ha infatti guadagnato il 17% dal 31 gennaio. E con il +2,21% dell’ultima seduta, l’indice Shenzen ha registrato ancora un più clamoroso 25% dal 31 di gennaio. È da ormai un mese che gli indici azionari cinesi corrono scommettendo su un accordo commerciale, puntando sulle dichiarazioni concilianti dei due presidenti. Ieri hanno dato solo l’ennesimo scatto in avanti.
L’eventuale fine della cosiddetta “guerra commerciale”, combattuta tra Stati Uniti e Cina nel 2018, rappresenta infatti un sollievo non indifferente per i mercati. Non tanto (o non solo) per le implicazioni economiche che avrebbe potuto avere (le tariffe attuali hanno in realtà un impatto minimo sul Pil dei due Paesi), quanto per il clima di incertezza che creava. Perché è sempre stato evidente a tutti che lo scontro tra Cina e Stati Uniti non era solo commerciale: riguardava anche la proprietà intellettuale e tecnologica, ma più in generale il ruolo che le due superpotenze hanno nel mondo e nel commercio. Ecco perché un eventuale accordo - sempre più nell’aria - ha un effetto positivo sulle Borse: perché rimuove un’incertezza.
Eppure non è detto che non ne crei di nuove in futuro. Perché parte dell’accordo tra Stati Uniti e Cina prevede che la Repubblica Popolare acquisti una maggior quantità di prodotti americani per ribilanciare la bilancia commerciale. Ma se la Cina si lancerà in un poderoso «buy american», chi ci perderà?Gli economisti di JCI Capital hanno provato a rispondere, osservando l’intreccio commerciale di vari Paesi con la Cina. E hanno dato una risposta. Se la Cina comprerà sempre più prodotti statunitensi, a farne le spese saranno innanzitutto i Paesi del Nord Asia: il Giappone potrebbe perdere il 3% del suo export annuo totale, la Corea il 3,1% e Taiwan il 3,2%. Penalizzati anche il Brasile (che potrebbe vedere erodere il suo export annuo del 3,2%) e anche l’Europa: la potenziale perdita di esportazioni potrebbe arrivare al 2,2% del totale export europeo. In questi giorni tutte le Borse festeggiano per la scampata guerra commerciale. Ma un domani forse inizieranno a fare due calcoli.
© Riproduzione riservata