Sempre più generose in termini di dividendi distribuiti, ma sempre più punite in Borsa. È una condizione paradossalmente amara,
quella che stanno vivendo le banche italiane in Borsa. Se è vero che in un mercato finanziario perfetto la politica dei dividendi
dovrebbe essere ininfluente sul valore dell'impresa (poichè gli azionisti dovrebbero valutare l'impresa in base ai redditi
attesi senza badare alla loro ripartizione), è anche vero che nell'approccio manageriale gli investitori dovrebbero preferire
i dividendi ai guadagni in conto capitale: di conseguenza, il valore delle azioni dovrebbe essere sostenuto (almeno in teoria)
da una generosa politica di distribuzione degli utili.
Tuttavia quello che sta succedendo sul mercato sta andando in direzione opposta. Secondo un’analisi di Excellence Consulting, che ha analizzato gli andamenti borsistici delle società finanziarie italiane ed europee e li ha incrociati con i trend dei dividendi offerti, emerge come il prezzo non sia condizionato dalla dividend policy. Anzi. Basta guardare alle performance dei titoli italiani registrata negli ultimi 12 mesi. Mentre le banche elargivano ai propri azionisti cedole sempre più ricche, i titoli scendevano: si va dal -29% di UniCredit (che ha visto salire il dividendo del 13%) al -32% di Ubi (+18%), dal -27% del Credem (+15%) al -19% di Bper (+36%). Fanno eccezione Intesa Sanpaolo e Mediolanum, i cui titoli sono scesi (-27% e -13%), in presenza di una limatura del dividendo (-8% e -3%).
La dinamica in Europa
Se si allarga la visuale all'anno precedente, il trend non cambia di molto. Tutte le aziende che hanno incrementato i dividendi
distribuiti di oltre il 10% tra il 2017 e il 2018 (tra queste Unicredit, Intesa Sanpaolo, Santander, Bnp Paribas, Barclays,
Loyds TSB) hanno avuto nel contempo una performance comunque negativa, talvolta peggiore rispetto all'indice di riferimento.
Al contrario alcune aziende che tra il 2017 e il 2018 hanno ridotto i dividendi distribuiti al mercato (come ad esempio Banca
Mediolanum, Hsbc, Ubs, Credit Suisse e Sociètè Gènèrale), hanno realizzato performance migliori dei competitor che invece
hanno aumentato i dividendi. «È come se il mercato volesse premiare quelle banche che si autofinanziano distribuendo meno
dividendi, per investire di più nell'evoluzione del loro modello di business», spiega il ceo di Excellence Consulting, Maurizio
Primanni.
Il vantaggio delle banche specializzate
L'analisi guarda poi all'andamento del rapporto tra prezzo e utili (p/e) ratio, che segnala la valorizzazione delle prospettive
di crescita futura. In questo caso, l'analisi conferma come le banche specializzate quotate (Fineco, Generali, Mediolanum,
Azimut) abbiano mediamente valori di p/e superiori rispetto a quello delle altre banche/gruppi bancari quotati, «in ragione
della loro specializzazione di business che gli permette di estrarre maggiore ricavi dalla clientela - aggiunge Primanni –
come Fineco, banca con un p/e significativamente migliore delle altre anche in ragione dei più elevati tassi di acquisizione
di nuova clientela negli ultimi 10 anni».
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