Tra le varie strategie di investimento una delle più accreditate è quella di puntare sui dividendi. Quando si investe in Borsa, acquistando delle quote (azioni) di una società, teoricamente lo si fa perché si crede nel potenziale di crescita di quella azienda e pertanto la si finanzia con l’obiettivo primario di partecipare agli utili. È questa la strategia degli investitori cassettisti, quelli che puntano sul lungo periodo e si focalizzano pertanto sulle società che hanno una buona storia alle spalle (e buone prospettive per il futuro) in termini di cedole distribuite agli azionisti.
Non ragionano in questi termini i trader e, più in generale, gli investitori che si muovono solo in funzione del prezzo di un’azione. L’obiettivo in questo caso è vendere (anche presto) le azioni a un prezzo più alto rispetto a quello d’acquisto. Oppure, per chi punta a guadagnare sui futuri ribassi di un titolo, la strategia è opposta e consiste nel vendere allo scoperto: prima si vendono le azioni e poi le si ricomprano quando il prezzo è sceso. Anche in questo caso ci si muove nella logica della plusvalenza, puntando quindi sul capital gain.
Le oscillazioni del prezzo sono certo importanti, ma molto meno per chi invece punta sul lungo periodo e si orienta su società che hanno un elevato standing di dividendi. Se si aggiunge il dividendo alle variazioni di prezzo si ottiene il total return. Il Grafinomix di giornata dimostra quanto sia più elevata la performance storica dell’indice S&P 500 di Wall Street se si calcola il total return (ovvero plusvalenza da prezzo + dividendi).
In questo ambito può essere utile analizzare un multiplo di Borsa, tra i più seguiti dagli investitori: il rapporto prezzo/utili o price/earning. Indica in parole semplici quanti anni occorrono per recuperare, solo attraverso i dividendi, il valore dell’investimento iniziale (capitale).
Ovviamente il rapporto prezzo/utili può cambiare nel tempo (in base alle variazioni delle due variabili) ma offre una dimensione interessante per avere un’idea del ritorno dell’investiment0 e del tempo necessario con cui, solo attraverso la leva delle cedole incassate, si recupera il capitale impiegato. Per chi affitta un immobile vale lo stesso principio calcolando quanti anni di locazione occorrono per incamerare l’esborso iniziale.
Tornando alla Borsa e ai dividendi è bene sapere che non tutte le società li distribuiscono. Oppure non tutte li distribuiscono sempre. Anche per un’azienda ci possono essere nel tempo momenti belli e brutti e può capitare che in quelli brutti (magari in concomitanza con una recessione economica) un’azienda non faccia più utili, oppure ne faccia meno e/o decida di non distribuire i dividendi (che rappresentano la fetta di utili che un’azienda decide di non reinvestire nell’attività e di pagare agli azionisti; la percentuale che ne deriva si chiama payout) o di tagliarli rispetto all’anno precedente.
“Nella classifica delle prime 50 società al mondo ci sono perlopiù multinazionali. In questo momento al primo posto, con un rendimento del dividendo superiore all’8% c’è la britannica Vodafone. Segue la svedese Hennes & Mauritz ”
Queste variabili confluiscono nella formula sulla base della quale il fondo Lapis Global Top 50 Dividend Yield List, di Valeur asset management, inserisce i titoli nel portafoglio. «La strategia del fondo è di investire solo sulle prime 50 società, tra quelle che hanno una capitalizzazione di almeno 25 miliardi di dollari, che negli ultimi 25 anni hanno sempre distribuito, e mai tagliato, cedole agli azionisti - spiega Fabiola Banfi, responsabile investimenti Valeur asset management -. Se una società, anche solida, per un anno non distribuisce oppure taglia la cedola, esce dal portafoglio. Per rientrare occorrerebbero altri 25 anni di cedole consecutive e mai riviste al ribasso. La nostra filosofia è che quando un’azienda riduce la cedola o non la distribuisce è probabile che stia attraversando un momento di difficoltà e pertanto preferiamo venderla dal paniere».
Nella classifica delle prime 50 società al mondo che rispondono a questi requisiti e che in questo momento hanno il più elevato dividend yield (il rendimento del dividendo effettivo, calcolato dal rapporto tra dividendo e prezzo dell’azione) ci sono perlopiù multinazionali. In questo momento al primo posto, con un rendimento del dividendo superiore all’8% c’è la britannica Vodafone. Segue (7,47%) la svedese Hennes & Mauritz. Sul podio anche la statunitense At&t (6,59%) tallonata da Philip Morris (6,46%).
Il paniere dei titoli selezionato da Lapis Global Top 50 Dividend Yield Index
Fonte: Valeur asset management
SOCIETÀ | PAESE | CAPITALIZZAZIONE (IN MILIARDI DI DOLLARI) |
ULTIMO DIVIDEND/YIELD (IN %) |
Vodafone group | Gran Bretagna | 53,7 | 8,43 |
Hennes & Mauritz | Svezia | 24,0 | 7,47 |
At&t | Usa | 220,0 | 6,59 |
Philip Morris | Usa | 108,0 | 6,46 |
Enbridge | Canada | 66,0 | 6,14 |
Royal Dutch Shell | Gran Bretagna | 249,0 | 6,00 |
Altria Group | Usa | 94,5 | 5,96 |
Canon | Giappone | 35,8 | 5,48 |
Southern | Usa | 45,3 | 5,32 |
Suncor Energy | Canada | 46,7 | 5,32 |
Total | Francia | 145,0 | 5,32 |
GlaxoSmithKline | Gran Bretagna | 96,0 | 5,27 |
Canadian imperial bank | Canada | 34,0 | 5,22 |
Schlumberger | Usa | 54,0 | 5,12 |
Occidental petroleum | Usa | 47,7 | 4,90 |
Bank of Nova Scotia | Canada | 62,7 | 4,87 |
Takeda Pharma | Giappone | 27,2 | 4,85 |
Dominion energy | Usa | 54,2 | 4,63 |
Exxo Mobil | Usa | 301 | 4,54 |
Munich Re | Germania | 32,5 | 4,50 |
Verzizon Communication | Usa | 233,0 | 4,21 |
Bank of Montreal | Canada | 43,0 | 4,19 |
Public storage | Usa | 34,2 | 4,07 |
Chevron | Usa | 211,7 | 4,04 |
AbbVie | Usa | 134,0 | 4,03 |
Royal Bank of Canada | Canada | 101,0 | 4,00 |
Kone | Finlandia | 25,5 | 3,89 |
Toronto Dominion Bank | Canada | 93,0 | 3,84 |
Target | Usa | 34,6 | 3,79 |
Siemens | Germania | 96,0 | 3,70 |
Kddi | Giappone | 62,0 | 3,58 |
Nippon Tel&Tel | Giappone | 81,5 | 3,53 |
Philips 66 | Usa | 41,8 | 3,41 |
Roche holding | Svizzera | 219,0 | 3,31 |
Novartis | Svizzera | 219,4 | 3,30 |
Cocacola | Usa | 202,0 | 3,28 |
Pepsico | Usa | 156,0 | 3,25 |
Unilever | Gran Bretagna | 154,0 | 3,21 |
Procter & Gamble | Usa | 230,0 | 3,07 |
Texas Instruments | Usa | 89,2 | 2,83 |
Johnson and Johnson | Usa | 342,8 | 2,77 |
Caterpillar | Usa | 75,6 | 2,56 |
Intel | Usa | 215,0 | 2,54 |
Novo Nordisk | Danimarca | 117,0 | 2,50 |
Home Depot | Usa | 196,0 | 2,37 |
McDonald's | Usa | 137,0 | 2,35 |
Walmart | Usa | 271,4 | 2,23 |
Medtronica | Usa | 118,0 | 2,22 |
Nestlé | Svizzera | 255,6 | 1,89 |
UnitedHealth | Usa | 230,5 | 1,44 |
«Allo stesso tempo la strategia premia il fondo nel momento in cui il prezzo di una delle società nel paniere sale troppo - spiega Banfi -. Una forte salita del prezzo di un titolo, a parità di cedola, riduce il dividend yield. Di conseguenza la società viene venduta dal fondo, non perché stia andando male, ma perché non è più fra le prime 50 in termini di rendimento. Ma l’aspetto positivo è che la società viene venduta sui massimi, generando una plusvalenza per il fondo».
Su 50 società oltre la metà (26) sono statunitensi. Al secondo posto - un po’ a sorpresa - c’è il Canada che annovera sette aziende in classifica, perlopiù banche. Giappone e Gran Bretagna sono appaiate al terzo posto con quattro colossi. Seguono Svizzera (3) e Germania (2).
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