Alla vigilia del nuovo piano di Eni, il mercato aveva scommesso su due possibili novità: un incremento della cedola alla luce dei risultati raggiunti dal gruppo e l’avvio di un programma di riacquisto di azioni proprie. E la strategia al 2022 annunciata oggi dall’ad Claudio Descalzi, che prevede circa 33miliardi di investimenti nei prossimi quattro anni, non ha deluso le aspettative su entrambi i fronti. Il Cane a sei zampe si prepara a garantire per il 2019 una cedola più ricca ai suoi azionisti, a 0,86 euro per azione, in crescita del 3,6%, e a mettere in pista un programma di buyback quadriennale con 400 milioni sul piatto già quest’anno e, per il periodo 2020-2022, assumendo un leverage stabilmente inferiore al 20%, altri 400 milioni se il prezzo del barile oscillerà tra i 60 e i 65 dollari, ma se invece dovesse superare i 65 dollari l’asticella salirà a 800 milioni.
L’ad Descalzi: la decarbonizzazione è priorità strategica
«Abbiamo costruito una nuova Eni fondata sull’efficienza, l’integrazione e l’impiego di nuove tecnologie. Rafforzeremo e diversificheremo
ulteriormente il nostro portafoglio in bacini a basso costo, ma ad alto potenziale, continueremo a perseguire ulteriori opportunità lungo la catena del valore e cresceremo nelle rinnovabili e nei biocarburanti facendo di Eni una società più profittevole»,
ha commentato il numero uno di Eni Descalzi per poi porre l’accento sulla volontà del gruppo di puntare sulla decarbonizzazione
come priorità strategica, su cui, non a caso, è pronto a investire circa un miliardo di euro da qui al 2022 in progetti di
economia circolare e a raggiungere zero emissioni nette nell’upstream (esplorazione e produzione) entro il 2030.
La spinta dell’upstream
Tornando al core business, la spinta principale arriverà, come di consueto dall’upstream che assorbirà il 77% degli investimenti
complessivi e che, in termini di produzione, garantirà una crescita del 3,5% l’anno nell’arco di piano grazie al mix tra ramp-up
e avvio di nuovi progetti che dovrebbero contribuire per circa 660mila barili al giorno nel 2022, mentre l’espansione di campi
esistenti apporterà circa 290mila barili di olio equivalente al giorno entro il 2022. Sarà ovviamente la diversificazione
geografica a fare da traino con le nuove aree, in primis il Medio Oriente- dove l’Eni ha inanellato una serie di accordi nelle
ultime settimane -, ad assicurare ulteriore impulso a tutto il business. E da qui il gruppo si attende una generazione di cassa di 22 miliardi nell’arco di piano.
Il contributo degli altri business
Nel gas&power, invece, si punterà a sfruttare le sinergie con tutti i business, a cominciare da esplorazione e produzione,
nonché lo sviluppo accelerato del portafoglio del gas naturale liquefatto, su cui il gruppo è intenzionato scommettere parecchio
tanto da stimare 14 milioni di tonnellate per anno di volumi contrattualizzati nel 2022 e 16 milioni entro il 2025. Nella
raffinazione e e nella chimica (Versalis), il piano conta di mettere a frutto l’aumento della capacità di raffinazione del
40% entro la fine del 2023, grazie all’operazione messa a segno di recente negli Emirati e di continuare a lavore sulla trasformazione
“verde” con l’avvio dell’impianto di Gela e della seconda fase di Venezia che consentiranno al gruppo di raggiungere un milione
di tonnellate l’anno di “raffinazione verde”. In questo modo, la raffinanzione sarà in grado di raddoppiare i risultati del
2018 e di assicurare un free cash flow di 2,6 miliardi nell’arco del piano, mentre la chimica dovrebbe conseguire un Ebit
di 270 milioni entro il 2022.
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