Si chiama Progetto Italia ed è l’ambizioso piano di Salini Impregilo per avviare nel paese il consolidamento del settore costruzioni, step necessario per salvare le grandi opere sul territorio nazionale. E non solo: i valori a rischio sono troppo rilevanti per non prendere in mano la situazione. In termini di ricavi si parla di quasi 6 miliardi di euro, circa lo 0,4% del Pil, per 5 miliardi di debito finanziario aggregato e oltre 30 mila lavoratori.
Cifre che danno la misura di quanto ciò che è oggi allo studio di Salini Impregilo sia un progetto tanto urgente quanto complesso. Prospetto che, secondo quanto è stato possibile ricostruire, nasce da presupposti industriali ma si declina anche sul fronte finanziario. In particolare, punto di partenza del maxi piano è l’analisi industriale del comparto; passaggio che permette di mettere in luce tutte le opere oggi a rischio e di conseguenza l’elenco delle compagnie che devono essere salvate per non frenare lo sviluppo del paese. Il focus, ovviamente, è sulle società oggi già in crisi, tra le quali, oltre ad Astaldi, ci sono Condotte, Trevi, Grandi Lavori Fincosit e Cmc.
In proposito, va ricordato che Salini Impregilo, oltre ad aver presentato una proposta per Astaldi, si è già mossa su Cossi, società detenuta da Condotte e Ferfina, e lo scorso ottobre ha ricevuto il via libera del Tribunale di Roma alla costituzione del diritto di usufrutto su Seli Overseas e Grandi Lavori, entrambe appartenenti alla galassia Grandi Lavori Fincosit. Un assaggio, tuttavia, di quella che potrebbe trasformarsi in un’operazione di ben più ampia portata e che potrebbe coinvolgere anche aziende oggi sane e rilevanti e per questo utili a creare un “campione nazionale” che valga assieme un backlog superiore, per esempio, a quello di un competitor del calibro di Hochtief, che oggi viaggia attorno ai 50 miliardi.
Solo l’operazione Astaldi potrebbe proiettare Salini Impregilo oltre i 40 miliardi di backlog. Ma come realizzarla? I passaggi cruciali sono fondamentalmente due: prima va individuato il perimetro e a cascata va definito il fabbisogno finanziario. Fabbisogno che verrà soddisfatto attraverso un’iniezione di capitale da farsi direttamente nel general contractor e supportata da diversi investitori. Perché è evidente che i soci di Salini Impregilo non possano caricarsi di una manovra di tale portata senza il supporto di soggetti istituzionali. E qui entrano in campo le banche creditrici e Cdp. Gli istituti in particolare sarebbero chiamati a svolgere un doppio ruolo, sostenere con mezzi freschi il rafforzamento del general contractor e fornire le linee di garanzia. La Cassa depositi e prestiti, invece, dovrebbe partecipare solo alla ricapitalizzazione. Indispensabile per rendere Salini Impregilo sufficientemente forte per affrontare il maxi piano di aggregazione.
L’intento di tutto questo è quello di salvaguardare un settore strategico per il sistema paese che in termini di investimenti vale l’8% del pil, rendendolo anche potenzialmente più competitivo. Architrave del piano è ovviamente il buon esito dell’offerta su Astaldi per la quale esiste un piano che punta a 225 milioni di aumento di capitale e a circa 100 milioni di debiti trasformati in equity dalle banche. Proprio in questi giorni il Tribunale di Roma ha chiesto aggiornamenti sulla proposta, indispensabile per dare il via a Progetto Italia.
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