La sentenza della Corte europea sul caso Tercas potrebbe riscrivere la storia delle crisi bancarie italiane degli ultimi 5 anni. Il cardine della vicenda è nel divieto di utilizzare il Fondo interbancario di garanzia dei depositi per un intervento preventivo su Tercas, come invece era sempre stato fatto in passato in Italia per risolvere le crisi bancarie.
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Divieto nei fatti stabilito da una interpretazione della Direzione concorrenza, diretta dal commissario europeo Margrethe Vestager, secondo la quale il coinvolgimento del fondo - finanziato interamente dal sistema bancario - sarebbe stato letto come un aiuto di Stato.
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L’interpretazione allora veniva fornita alla luce della nuova direttiva europea sulle crisi bancarie, la Brrd, che imponeva la strada del bail in o della risoluzione per le banche che potessero avere un effetto sistemico o di elevata rilevanza pubblica. Quell’interpretazione, come del resto sostenuto dall’Associazione bancaria e dalla Banca d’Italia, è stato il punto di partenza di un avvitamento che ha poi costretto il governo Renzi al salvataggio delle quattro banche (oltre a Tercas, Cassa di Risparmio di Ferrara, Banca Marche e Banca popolare dell’Etruria) attraverso il ricorso alla risoluzione e al burden sharing, imponendo un onere per gli azionisti e anche per i titolari di obbligazioni subordinate, che hanno visto andare in fumo i loro risparmi. Un avvitamento che ha poi contribuito ad aggravare e a far degenerare la crisi di altre banche, dalle popolari venete al Monte de’ Paschi per arrivare fino a Carige.
La sentenza della Corte europea ora riporta la strada delle crisi bancarie italiane nel percorso del Fondo interbancario, che può realizzare interventi preventivi e ad esempio finanziare, facilitandole, operazioni di fusione tra banche evitando il ricorso a strumenti che impongano perdite a investitori e risparmiatori pur di evitare il dispendio di denaro pubblico. Denaro pubblico, tra l’altro, che oggi il governo Conte vorrebbe utilizzare, attraverso il Decreto rimborsi, per ristorare tutti coloro che sono stati danneggiati da crisi bancarie.
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Il Decreto tarda a produrre i propri effetti per la difficoltà di giustificare un rimborso statale a chiunque lo chieda, a prescindere dalla dimostrazione di aver subito un danno ingiusto. Ma ora la richiesta fatta dall’Abi affinché l’Unione europea rimborsi i danni causati da quella avventata interpretazione potrebbe togliere qualche castagna dal fuoco all’esecutivo giallo-verde. La sentenza, in ogni caso, contribuisce a rimettere in discussione la direttiva Brrd, il bail in e lo strumento della risoluzione almeno per le banche che non abbiano dimensioni sistemiche. Del resto un processo di ripensamento di quelle norme a livello comunitario è già partito.
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