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Trimestre da record in Borsa, i fondi comuni tornano a galla

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Trimestre da record in Borsa, i fondi comuni tornano a galla

Le banche centrali continuano a rivedere al ribasso le previsioni di crescita del Pil globale. Gli analisti fanno lo stesso con gli utili delle aziende. La curva dei rendimenti negli Stati Uniti si inverte per la prima volta da 12 anni, segnalando un crescente rischio di recessione. Eppure sui mercati finanziari (anche considerando il calo di venerdì che su alcune piazze in Europa e negli Usa ha raggiunto il 2%) la festa sembra non finire mai: tanto che molte categorie di fondi comuni azionari e obbligazionari, secondo le elaborazioni realizzate da Moningstar per il Sole 24 Ore, in tre mesi hanno già recuperato o più che compensato i ribassi dell’intero 2018. I fondi globali «growth» che investono in azioni di grandi aziende, per fare un esempio, nell’intero 2018 avevano perso il 5,80% e nel 2019 hanno già guadagnato il 15%.

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I fondi Usa «value» che comprano azioni di grandi aziende hanno perso il 4,71% nel 2018 e ora registrano un +12%. E di casi così ce ne sono molti. A partire dai fondi che puntano sulle azioni italiane: non hanno ancora interamente recuperato la debacle del 2018, ma con un +15,28% questa categoria di fondi è la terza migliore nel 2019. Un toccasana dopo un 2018 nero. Ma non è detto che duri.

LA PERFORMANCE DEI FONDI
Principali categorie Morningstar azionarie geografiche e obbligazionarie in euro per rendimento da inizio anno. Dati in percentuale (Fonte: Morningstar Direct. Dati al 20 marzo 2019)

Tanto peggio, tanto meglio
Queste performance sono figlie di un inizio dell’anno davvero fuori dal comune. Secondo le stime di Unigestion, questi primi mesi del 2019 hanno registrato uno dei rally borsistici più consistenti della storia: sia in termini di «hit ratio» (rapporto tra i giorni positivi e quelli negativi), sia in termini di «asimmetry ratio» (rapporto tra la performance media positiva e quella media negativa»). Ad esempio l’indice S&P 500 di Wall Street ha raggiunto un «hit ratio» del 63% nel 2019, contro il 53% medio dal 1999. E performance altrettanto importanti si trovano sul mercato delle obbligazioni “spazzatura” (high yield), che negli Usa nel 2019 hanno ridotto gli spread di 105 punti base (da 450 a 345).

Questi dati dimostrano una cosa sola: sul mercato è tornata la voglia di rischio. Non perché ci sia particolare ottimismo. Ma semplicemente perché il rallentamento economico ha spinto le banche centrali a rivedere drasticamente la loro politica monetaria: lo hanno fatto la Fed, la Bce e altre banche centrali. Questa clamorosa svolta ha convinto gli investitori che più l’economia rallenta, più ci sarà denaro facile. Liquidità. Tassi bassi. Insomma: festa. Ecco perché le notizie economiche negative sono lette come se fossero positive.

Fino a un certo punto, però. Alcuni segnali suggeriscono infatti cautela. Non tanto (o non solo) il forte ribasso delle Borse di venerdì 29 marzo. Non tanto (o non solo) l’inversione della curva dei rendimenti Usa, evento raro che in passato ha spesso anticipato le recessioni. Quello che più fa preoccupare è la strategia degli investitori, che dà l’impressione di iniziare a girare le spalle ai mercati azionari. Cioè alle Borse. Lo mostrano i risultati dell’ultimo sondaggio di Bank of America tra i maggiori gestori al mondo.

Da un lato l’allocazione dei capitali sui mercati azionari sta calando, dato che ora i fondi globali hanno un «sovrappeso» sulle Borse di appena il 3%: livello minimo dal settembre del 2016. Dall’altro la speculazione si sta spostando addirittura contro i mercati azionari: per la prima volta da quando la banca Usa realizza questi sondaggi, infatti, la strategia più “gettonata” tra i gestori è quella di puntare sul ribasso (short) delle azioni europee. Si tratta di segnali non certo positivi. Vedremo se basterà la fiducia nelle banche centrali per mantenere il sereno sui mercati a lungo.

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