La Brexit comincia a fare paura alle compagnie aeree. Il primo vettore a venire allo scoperto è stato easyJet che ha rivisto al ribasso le guidance della seconda parte dell’anno, quella più profittevole in quanto legata alla stagione estiva, a causa del rincaro del costo del carburante e per le incertezze dovute alla Brexit.
Se nel primo semestre, chiuso a fine marzo, il vettore ha registrato «una performance in linea con le guidance fornite il 22 gennaio, pari a una perdite prima delle tasse stimata di circa 275 milioni di sterline», la seconda parte dell’anno rischia di essere ancora più negativa: «L’incertezza macroeconomica e molte domande irrisolte legate alla Brexit stanno indebolendo la domanda dei passeggeri. Per questa incertezza le nostre previsioni per il secondo semestre sono ora più caute», scrive la compagnia in un comunicato.
In Borsa i titoli del vettore hanno perso fino al 9%, il livello più basso degli ultimi due anni, trascinando al ribasso anche le altre compagnie aeree da British Airways controllata da IAG che ha perso il 2%, Ryanair il 4,7% e il gruppo TUI il 3 per cento.
Il gruppo aveva giù accusato i primi sintomi di debolezza per via dell’aumento del prezzo del petrolio e dell’eccessiva capacità offerta che sta mettendo sotto pressione le tariffe dei biglietti aerei. Per gli stessi motivi anche Ryanair si è mostrata cauta sulle previsioni dell’anno. Le difficoltà del settore sono sotto gli occhi di tutti dopo che un’altra compagnia low cost, l’islandese Wow Air ha dichiarato bancarotta la scorsa settimana.
Uno scenario di leggero ripiegamento dopo anni di costante crescita era stato segnalato anche dall’ultimo Financial Monitor di febbraio della Iata (International Air Transport Association), secondo il quale in Europa si sta assistendo ad un leggero calo dei risultati mentre negli Stati Uniti sono di fatto invariati. Dall’inizio dell’anno, invece, resta sempre forte la domanda se confrontata con i primi mesi dello scorso anno.
Incerte, invece, le previsioni di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea sia politiche dal momento che ancora oggi non è chiaro se il paese uscirà senza un accordo, sia economiche: in un report di Goldman Sachs è stato calcolato che il costo della Brexit dal referendum del giugno 2016 è già costato 600 milioni di sterline al mese, coinvolgendo altre economie legate commercialmente al paese.
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