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L’economia senza contante vale oltre 11 miliardi. Ma l’Italia…

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L’economia senza contante vale oltre 11 miliardi. Ma l’Italia resta tra i peggiori al mondo

Che cosa significa “cashless society”? La traduzione secca di “società senza denaro contante” ha un suono suggestivo, ma non esaustivo abbastanza per descrivere la portata rivoluzionaria di un nuovo modello di economia “digitale” che sta scardinando rapporti di forza, tradizioni e abitudini di consumo nell'intera filiera mondiale dei pagamenti. Finora si è discusso infatti in Italia e a livello internazionale di “società senza contanti” quasi esclusivamente in termini di opportunità per i consumatori e le imprese di sostituire i pagamenti in contanti con i nuovi strumenti di pagamento elettronico (dai bancomat alle carte di credito fino alle nuove piattaforme digitali e alle App per i telefonini e i tablet) , ma la realtà che sta emergendo alle spalle del fenomeno va ben oltre le tradizionali considerazioni di tipo “culturale”, tecnologico o strettamente finanziario: è la nascita di un nuovo settore industriale a germogliazione spontanea, nato cioè senza l'aiuto – soprattutto in Italia - di politiche industriali o sostegni normativi e fiscali.

Sono stati considerati tutti i servizi e gli attori attivi lungo la filiera estesa della cashless society che comprende le fasi della catena del valore sottostante alla transazione elettronica, gli elementi specifici introdotti dal canale digitale e l'ecosistema dei servizi digitali a supporto. Un ventaglio di applicazioni e servizi apparentemente disarticolati l'uno dall'altro ma in realtà parte integrante dello stesso ecosistema: nell'insieme, in Italia, si tratta di una catena del valore di cui fanno parte 1.600 imprese che realizzano in totale oltre 11,7 miliardi di euro di fatturato. Una realtà sconosciuta ma già significativa, dunque, e che ha soprattutto enormi potenzialità di crescita inespresse.

L'identikit di questo nuovo ecosistema di imprese proiettato nella futura economia digitale dei sistemi di pagamento è uno dei punti più rilevanti emersi dal Rapporto 2019 della Community Cashless Society , la piattaforma-Osservatorio creata dalla The European House Ambrosetti che ha appena presentato a Cernobbio il suo Quarto Rapporto sulla “cashless society”. Ne abbiamo parlato con Valerio De Molli, amministratore delegato e managing partner della società di consulenza, per fissare alcuni punti fermi di interesse generale: «Siamo in presenza di un vero fenomeno economico emergente – spiega De Molli – che richiede una grande attenzione da parte del governo e delle istituzioni: il nostro studio dimostra che la rivoluzione cashless non è qualcosa che i riguarda solo l'aspetto strettamente legato al pagamento elettronico di beni e servizi, ma allo sviluppo di nuove fonti di valore e di crescita per l'intera economia italiana. Il ritardo o l'assenza di vere politiche di incentivazione del ricorso ai pagamenti elettronici penalizza non solo il superamento del contante nella catena dei pagamenti, ma anche la crescita di un comparto che potrebbe fornire un sostegno strategico alla più generale ripresa economica. Le cifre parlano chiaro: 11,7 miliardi di euro sono il fatturato generato nel 2017 dalle attività legate alla cashless society, mentre 8,2 miliardi di euro sono il valore aggiunto che sono in grado di generare. Queste cifre potrebbero cresce in modo esponenziale attivando politiche mirate che favoriscano la riduzione del contante, un processo su cui l'Italia è non solo in grave ritardo, ma su cui sta persino perdendo terreno rispetto al resto d'Europa e del mondo».

Dallo studio The European House Ambrosetti emergono altri aspetti molto rilevanti: gli occupati nella filiera Cashless sono oltre 21mila e i numeri complessivi di questa filiera, composta interamente da attività di servizio, sono significativi anche laddove comparati ad altri settori manifatturieri le cui produzioni sono molto riconoscibili e considerate tipicamente tra le eccellenze del Paese. «Il valore aggiunto generato dalla filiera cashless – aggiunge De Molli - è, infatti, superiore a quello generato dalla fabbricazione di mobili (6 miliardi di Euro), delle industrie tessili (5,9 miliardi di Euro) e della produzione di bevande (4,1 miliardi di Euro)». Un aspetto da sottolineare della filiera cashless estesa così delimitata riguarda i tassi di crescita molto rilevanti in tutte le dimensioni individuate e che configurano un mercato italiano per i pagamenti cashless che, nel periodo 2012-2017, è cresciuto con cifre comparabili a quelle dei Paesi emergenti.

Si tratta, nel dettaglio, di una crescita del 21% dei valori del fatturato e del valore aggiunto e del 31% degli occupati. Per dare un ordine di grandezza di queste variazioni, il valore aggiunto è cresciuto di un valore pari a circa 3 volte il tasso di crescita del valore aggiunto generato nell'intera economia italiana nell'arco temporale considerato (pari a +6,8%) e gli occupati di questa filiera hanno registrato una crescita di circa 22 volte rispetto a quella del Paese per numero di occupati (pari a +1,4%).

«L'ordine di grandezza di questi numeri – conclude De Molli - è tale che, negli anni a venire, la filiera dei pagamenti elettronici potrà catalizzare ulteriori investimenti provenienti dall'estero e dall'Italia. Un ruolo di rilievo in questo senso potrà averlo anche il Fondo Nazionale per l'Innovazione, che prevede una dotazione finanziaria di partenza di circa 1 miliardo di Euro, con l'obiettivo di accelerare la maturazione del nostro sistema dell'innovazione».

Il vero problema, a bene vedere, è comunque il ritardo che si sta accumulando rispetto ai partner europei e ai concorrenti: l'Italia rimane tra le 35 peggiori economie del mondo per incidenza del contante sul valore del Pil e il denaro in circolazione ha raggiunto i 205 miliardi di Euro nel 2018. Specularmente, il valore dei prelievi agli ATM è passato da 98 miliardi di Euro del 2008 a 198 miliardi di Euro nel 2017 con un tasso medio annuo di crescita composto pari a +8,1% nel periodo considerato, rispetto a +2,1% in Germania e a -1,3% nel Regno Unito. «Su 95 economie mondiali analizzate – aggiunge Lorenzo Tavazzi, Responsabile area Scenari e Intelligence di The European House Ambrosetti - il nostro Paese è, infatti, al trentaduesimo posto per incidenza del contante misurata dal Cash Intensity Index (CII, pari al rapporto tra il valore del contante in circolazione e PIL) con un valore di 11,8%, 0,8 punti percentuali superiore rispetto alla media dell'Eurozona».

L'Osservatorio ha aggiornato anche il Cashless Society Speedometer 2019 (CSS 2019), l'indicatore dinamico che assegna un punteggio su una scala da 0 a 100, a seconda della velocità di ciascun Paese dell'UE-28 verso il raggiungimento della Cashless Society entro il 2025, nell'ipotesi di raggiungere il livello di transazioni pro-capite con carte di pagamento dei 3 best performer europei (Svezia, Danimarca e Regno Unito).

Nel CSS 2019, il Regno Unito entra nei tre best performer europei con un numero di transazioni con carta pro-capite pari nel 2017 a 314,9, in crescita di ben il 26,1% rispetto al 2016. Il CSS 2019 mostra come l'Italia non abbia una velocità adeguata all'obiettivo fissato al 2025 e, anzi, stia addirittura rallentando la propria corsa verso i best performer europei. L'Italia ottiene, infatti, un punteggio pari a 8,0 rispetto all'8,4 ottenuto nel 2018. A tale velocità, e ipotizzando che gli altri Paesi rimangano fermi, il nostro Paese raggiungerebbe la media UE attuale solo nel 2040. Se invece anche gli altri Paesi si muovessero alla loro attuale velocità, l'Italia raggiungerebbe l'attuale media europea solo nel 2110. Di qui, l'urgenza di una maggiore attenzione del sistema politico e del governo alle proposte dell'Osservatorio, visto anche il ruolo-chiave del contante nell'evasione fiscale e dell'economia sommersa.

SESTULTIMA IN EUROPA
Pagamenti senza contante. Scala crescente da 1= min a 10= max (Fonte:elaborazione The European House-Ambrosetti, 2019)

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