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Banca Generali cauta sul risiko. «La sfida è nei family…

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Servizio |intervista all’ad Gian Maria Mossa

Banca Generali cauta sul risiko. «La sfida è nei family office»

(Imagoeconomica)
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«Se guardo al mondo delle reti di distribuzione nel nostro Paese non credo restino ormai molte possibilità di effettuare operazioni di consolidamento su vasta scala, continuo invece a vedere molto fermento nel private banking e una tendenza simile anche fra i familyoffice». Le grandi manovre che qualcuno pare ancora intravedere all’orizzonte nel risparmio gestito in Italia non sembrerebbero all’ordine del giorno secondo Gian Maria Mossa, che ha invece le idee piuttosto chiare sul futuro a breve dell’industria e soprattutto sulla partita che intende giocare quella Banca Generali che guida ormai da tre anni.

«In un mercato che diventa sempre più competitivo e nel quale la regolamentazione si fa più stringente, piccolo e bello non è più un concetto valido e non ha senso avere una private bank di dimensioni ridotte» avverte Mossa in questo colloquio con Il Sole 24 Ore, ricordando come Banca Generali si sia già dimostrata parte attiva lo scorso anno nel wealthmanagement con l’acquisizione della «boutique» Nextam Partners e sia anche pronta, qualora si presentasse l’opportunità, a «considerare ulteriori operazioni, a patto che siano in grado di creare valore per l’azionista».

Uno schema del genere si adatta pure al mondo dei familyoffice, dove «la complessità dell’offerta e dei mercati rende meno efficaci le strutture singole e porta verso l’aggregazione, al concetto di multifamilyoffice» e dove soprattutto Banca Generali intende esercitare un «ruolo di aggregatore». «Abbiamo già una partecipazione in Tosetti Value - fa presente Mossa - della quale teniamo però a tutelare l’indipendenza, perché i multi office funzionano fintanto che restano a prevalenza di azionariato famigliare. Noi possiamo rappresentare un acceleratore del processo di consolidamento che sta emergendo».

Al di fuori di eventuali operazioni straordinarie, Banca Generali prosegue nello sviluppo e nella realizzazione del piano al 2021 presentato a Londra lo scorso dicembre, che oltre agli obiettivi puramente finanziari (raccolta totale di almeno 14,5 miliardi di euro nel triennio, così da portare le masse gestite a un livello compreso tra i 76 e gli 80 miliardi) prevede anche target industriali quali l’ampliamento dell’offerta di prodotti e servizi, con particolare attenzione al supporto alle imprese (che rappresentano il 30% della clientela private), e un rafforzamento della presenza nel digitale.

A quest’ultima esigenza risponde anche lo sviluppo della partnership con Saxo Bank che, dopo la costituzione della Sim BG Saxo, dovrebbe a breve vedere l’avvio delle operazioni in due fasi distinte: «Il lancio della parte legata alle azioni e alle obbligazioni a inizio maggio e successivamente, fra settembre e ottobre, lo sviluppo delle attività di hedging e la fase di trading evoluto», sottolinea Mossa, ricordando come l’obiettivo in questo ambito sia di incrementare di circa 15 milioni i ricavi legati alla negoziazione titoli.

In tema di diversificazione, oltre allo sviluppo delle attività legate al trading, Mossa mette in evidenza il crescente impegno verso la consulenza a pagamento nel wealthmanagement (con una fee esplicita per l’accesso ai prodotti illiquidi, primo esempio in Italia) e un’accelerazione nell’attività di credito (ma soltanto con un servizio di conto controgarantito da investimenti e non attraverso la concessione di mutui). Gli sviluppi più interessanti sembrano però riguardare il processo di internazionalizzazione. L’ingresso nel mercato elvetico con l’acquisizione del gestore di patrimoni Valeur a dicembre potrebbe infatti presto avere un seguito: «Il passo successivo sarà di ottenere una vera e propria licenza bancaria nel Paese, in via diretta oppure attraverso l’acquisizione di un piccolo operatore già attivo», conferma Mossa, che colloca fra la fine del 2019 e inizio 2020 l’orizzonte temporale di un’operazione simile.

La Svizzera resta al momento il progetto principale all’estero per Banca Generali e si basa sull’idea di «esportare» il modello di private banking già sperimentato in Italia. «Non vogliamo fare concorrenza ai grandi gruppi sui clienti da 100 milioni - chiarisce Mossa - ma diventare la prima scelta per chi ha a disposizione patrimoni anche inferiori che meritano però comunque un servizio di altissimo livello, e pensiamo di avere le carte in regola per farlo: per ora partiamo dal Ticino, in seguito puntiamo al resto della Svizzera e ai clienti locali». Zurigo non è però l’unico sbocco internazionale del gruppo e a medio termine si ragiona anche in chiave post-Brexit: «Il Lussemburgo, dove siamo già presenti con una fabbrica di prodotti di risparmio gestito, è un’area di grande interesse perché offre il vero accesso all’Asia e qualche ulteriore ragionamento verrà fatto nel corso degli anni se troveremo la modalità giusta», ammette il manager.

Tornando invece al tema del possibile «risiko» all’interno del settore del risparmio, la cautela di Mossa si basa sulle caratteristiche stesse del mercato italiano, dove «ognuno ha il proprio modello di rete, che è difficile da combinare». E più nello specifico riguardo al mondo dei consulenti finanziari, l’a.d. di Banca Generali ricorda che «sono imprenditori e hanno quindi la possibilità di scegliere con la massima autonomia nel momento in cui il nuovo assetto della società per cui lavorano non li dovesse soddisfare». «Non è certo un caso che molte delle acquisizioni di reti effettuate in passato non abbiano per un motivo o per l’altro funzionato benissimo e un’operazione che sia conveniente per tutte le parti in gioco - conclude Mossa - fatico a vederla in questo momento».

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