Andamento titoli
Vedi altroL’indice S&P 500 ha chiuso gli scambi venerdì a 2.902 punti. Siamo ormai a un passo dai 2.940 toccati il 21 settembre del 2018, il giorno più alto di tutti i tempi per la Borsa statunitense. A livello percentuale manca circa l’1% per tornare sull’Olimpo. Anche il “fratello” Dow Jones e il tecnologico Nasdaq sono vicinissimi al loro massimo stato di forma, distanti meno di 3 punti percentuali.
A dare la scossa è stato senza dubbio il cambio di rotta della Federal Reserve che ha rimandato a inizio anno nuovi rialzi dei tassi annunciando anche che a partire da ottobre smetterà di drenare la liquidità in bilancio. Ma sono anche i dati macro, come le richieste di sussidi alla disoccupazione più basse da mezzo secolo, a convincere gli operatori che lo spettro della recessione (che manca all’appello da 10 anni, ed è anche questo un record) è ancora lontanino.
Ci sono poi degli indici meno noti, ma comunque rilevanti tra gli addetti ai lavori, che hanno nell’ultima settimana toccato l’apice: ci riferiamo all’S&P 500 Tech (una sorta di Nasdaq rivisitato) e al Nasdaq total return, la versione dell’indice tech che conteggia anche i dividendi reinvestiti.
Le cose stanno andando bene quest’anno, dal punto di vista azionario, un po’ dappertutto. Tanto che la capitalizzazione delle Borse mondiali è lievitata di quasi 12 miliardi di dollari e si sta avvicinando al massimo di tutti i tempi, a quota 87.290 miliardi del 28 gennaio 2018. A questa soglia mancano circa 7mila miliardi.
Anche le Borse europee sono a doppia cifra nel conteggio aggiornato da gennaio. Quella più vicina a rivedere il record è, al contrario dell’immaginario collettivo e della Brexit, la Borsa di Londra: l’indice Ftse 100 è a “soli” 6 punti percentuali dal riproporsi sulla soglia del 22 maggio 2018, quando entrò per qualche ora in un territorio inesplorato. Mentre la Borsa tedesca - con il DAX 30 che il 23 gennaio del 2018 marciava al picco di 13.596 punti - è distante 13 punti percentuali dal suo fulgore. Nonostante il recente buon andamento tra le Borse europee quella più lontana dai fasti è Atene, che dovrebbe risalire del 766% per ritornare a quel 17 settembre del 1999 quando l’indice Athex composite volava a 6.484 punti.
Se alla Grecia il record manca da 20 anni all’Italia ne mancano 19. In pochi forse lo ricordano, ma il 6 marzo del 2000 l’indice delle blue chip milanesi valeva 50.108 punti. Oggi, nonostante il +19% messo a segno da inizio anno, siamo poco sotto i 22mila: dovrebbe risalire del 129% per ritornare alla massima espressione.
In termini temporali però c’è chi batte Atene e Roma. La Borsa di Tokyo è “lontana” 30 anni dal guinness personale raggiunto il 29 dicembre del 1989. A quei tempi l’indice NIKKEI 225 era vicino ai 39mila punti, ora siamo a 21.800.
Paese che vai Borsa che trovi. Russia, Brasile e Svizzera hanno aggiornato tra marzo e aprile di quest’anno i loro massimi mentre la Borsa di Shanghai, nonostante sia la migliore al mondo da inizio anno, è ancora sotto del 42% rispetto alla peak performance di giugno 2015: dovrebbe risalire del 71% per recuperare.
Non bisogna però commettere l'errore di associare algebricamente la Borsa di un Paese al cuore dell'economia di quel Paese. In un'economia sempre più globalizzata - dove le multinazionali dichiarano utili nei Paesi dove è più agevole ottenere risparmi fiscali - le carte si rimescolano un po'. E non sempre i listini sono rappresentativi dell'economia domestica. Ad esempio la maggior parte delle aziende quotate sul listino spagnolo hanno una forte connessione con l'economia brasiliana. Quindi se l'indice Ibex corre non è necessariamente detto che i cittadini spagnoli stiano, in quanto a standard di vita, correndo di pari passo. Oppure bisogna vedere se le aziende quotate perlopiù esportano. Questo spiega, ad esempio, come mai le azioni londinesi stiano correndo nonostante il caos della Brexit.
Un altro fattore che può distorcere il collegamento tra una Borsa e lo stato di salute generale delle imprese domestiche riguarda il sovrappeso che un settore può avere nella composizione di un indice. Ad esempio il Ftse Mib di Milano - che calcola l'andamento ponderato dei 40 titoli più importanti - è sbilanciato sui titoli finanziari, che hanno un peso superiore al 30%. Quindi se le banche se la passano male, l'immagine dell'intero listino ne risulta oltremodo penalizzata.
Il fatto che un indice non sia necessariamente lo specchio di un Paese emerge chiaramente anche dal confronto del Ftse Mib con il Ftse-Italia All Stare. Il primo, come detto, dovrebbe guadagnare il 129 per rivedere il top. Al secondo - che annovera anche imprese più piccole, di media capitalizzazione, ma più rappresentative del tessuto produttivo italiano, occorre “appena” un 10% per tornare al picco del 20 luglio 2015.
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