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Dazi, allarme sui mercati: giù le materie prime

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Dazi, allarme sui mercati: giù le materie prime

Per quanto prevedibile, l’escalation nella guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina è stata una doccia fredda per i mercati finanziari. L’immediata ritorsione di Pechino – che sfidando Donald Trump non solo ha alzato i dazi, ma ne ha decretati di nuovi, su merci americane per 60 miliardi di dollari – ha affondato i listini azionari e le materie prime: in primo luogo quelle coinvolte direttamente come la soia o il cotone, ma anche i metalli industriali e persino il petrolio, che ha girato in negativo dopo un’impennata legata alle forti tensioni nel Golfo Persico. Benché le tariffe cinesi continuino a risparmiare il greggio «made in Usa», il Wti è sceso sotto 62 dollari al barile e il Brent sotto 71 dollari.

La ricerca di beni rifugio intanto ha favorito i titoli di Stato Usa – il rendimento del Treasury a 10 anni è calato dal 2,47% al 2,4%, ai minimi da sei settimane – mentre l’oro ha guadagnato oltre l’1%, balzando (sia pure brevemente) sopra la soglia dei 1.300 dollari l’oncia per la prima volta da aprile.
Il contrattacco della Cina sui dazi si è riflesso bruscamente sulle Borse: altri mille miliardi di capitalizzazione bruciati a livello globale nella seduta di ieri dopo i 2.400 della settimana scorsa. I listini europei ieri hanno accusato un calo dell’1,2% dell’indice Stoxx Europe 600 (-1,35% Piazza Affari). Tra i singoli settori il peggioreè stato l’automotive (-2,68%), tra i più sensibili al tema dazi. Male anche Tlc (-2,19%) e banche (-1,63%), mentre si sono difesi utilities (+0,23%) e Oil & Gas (-0,17%).

Più marcate le vendite a Wall Street, con gli indici Dow Jones e S&P 500 in calo nel corso della giornata di oltre il 2% e il Nasdaq che è arrivato a perdere più del 3%.

È probabile a questo punto un’ulteriore risposta degli Usa, con Trump che in più occasioni ha minacciato di estendere l’aliquota del 25% ai restanti 325 miliardi di merci finora non gravate da dazi, per arrivare a colpire l’intero importo del disavanzo Usa verso la Cina. L’iter è avviato, anche se ieri sera Trump ha rimarcato che non ci sono ancora decisioni prese.

Se la minaccia si realizzasse, Bank of America Merrill Lynch stima un impatto negativo intorno al 2% sugli utili delle società dell’S&P500.

Il clima di forte volatilità (l’indice Vix è tornato sopra i 20 punti balzando intraday del 28%) ha spostato la bussola dei mercati dal risk on al risk off, riportando gli acquisti non solo sui Treasuries Usa ma anche sui Bund tedeschi: il rendimento del decennale è passato da -0,05% a -0,07%, un dato che in concomitanza con le vendite sui BTp (il cui rendimento a 10 anni è salito dal 2,68% al 2,7%) ha di nuovo allargato lo spread Italia-Germania a 277 punti. Non è una bella notizia in vista delle aste di oggi quando il Tesoro proverà a collocare titoli a 3, 7 e 30 anni per un importo complessivo tra 5,25 e 6,75 miliardi di euro.

Sui mercati delle materie prime al centro della bufera restano i semi di soia, centrali nella guerra commerciale tra Usa e Cina: sfumata la possibilità di una prossima fine dei dazi cinesi – e con scorte americane a livelli record – le quotazioni sono scivolate ulteriormente, andando sotto 8 dollari per bushel per la prima volta dai tempi della recessione globale, dieci anni fa.

Il cotone, altra voce chiave dell’export Usa verso la Cina, ha perso oltre il 4% ripiegando sotto 65,5 cents/libbra, ai minimi da tre anni.

Tutti in ribasso anche i metalli non ferrosi, sul timore che la guerra dei dazi freni l’economia globale. Il prezzo del rame al London Metal Exchange è sceso di quasi il 2% a 6.030 $/tonnellata, minimo da gennaio. Nonostante le previsioni di deficit di offerta gli investitori hanno cominciato a scommettere contro il metallo rosso: l’esposizione netta corta (alla vendita) degli hedge funds al Comex è balzata del 173% a 27mila lotti nella settimana al 7 maggio.

In generale i fondi hanno tagliato in modo drastico le scommesse su rialzi di prezzo delle materie prime: dagli ultimi dati Cftc emerge che le posizioni nette lunghe sono diminuite del 41% in una settimana e sono ora ai minimi da 40 mesi.

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