Un successo inatteso nel primo anno di vita, una delusione altrettanto imprevista nei 18 mesi successivi. I Pir entrano nella «terza età» della loro breve vita, cercando di riprendere le fila di un discorso bruscamente interrotto e mettere di nuovo in comunicazione, come era nelle premesse, il risparmio degli italiani con alcune delle eccellenze del mondo delle piccole e medie imprese nazionali. Ma lo fanno in una fase complicata attraversata dal nostro Paese, tornato sotto i riflettori dei mercati, e con ritocchi legislativi che convincono poco gli operatori.
Le incognite sui Pir 2
I dati più recenti sulla raccolta dei Piani individuali di risparmio varati con la Legge di bilancio 2017 non lasciano al momento spazio all’ottimismo: dopo il boom del 2017 (10,9 miliardi di euro), il parziale ridimensionamento del 2018 (poco meno di 4 miliardi) e il dato pressoché piatto dei primi mesi 2019 Intermonte Sim ha drasticamente ridotto le stime sui flussi netti, che ammonteranno a poco più di un miliardo quest'anno, sfioreranno i 2 miliardi il prossimo per attestarsi a 2,7 miliardi nel 2021. Il primo quinquennio dei Pir si chiuderebbe quindi con asset in gestione a malapena per 20 miliardi, quando poco più di un anno fa si pensava di arrivare addirittura a 68 miliardi.
“Gli scambi non sono aumentati sulle small e mid cap, che si trovano in una situazione di bassi volumi e volatilità elevata, la peggiore possibile per un investitore”
Gianluca Parenti, Intermonte Sim
La frenata della raccolta è però soltanto uno degli aspetti poco positivi del fenomeno, l'altro è sicuramente lo scarso impatto che l'introduzione di questi strumenti ha esercitato sulle Pmi italiane quotate. Tolta la fiammata del 2017, per molte delle società del listino si è infatti tornati ai problemi di sempre: «Gli scambi non sono affatto aumentati sulle small e mid cap, che si trovano in una situazione di bassi volumi e volatilità elevata, la peggiore possibile per un investitore», avverte Gianluca Parenti, Partner di Intermonte Sim.
Poche mani estere sulle small cap italiane
Nè è cambiato in modo significativo l’universo degli investitori. «Se il segmento Star è tradizionalmente il bacino dei fondi
esteri, lo sono 12 dei primi 15 - nota Kevin Tempestini, fondatore e a.d. di K&T Partners - su Aim Italia sono ancora pochi
quelli provengono da oltre confine: qualche movimento si è visto, ma si sperava di più». L’accresciuta percezione del rischio
Italia ha senza dubbio rappresentato un freno rilevante all’ingresso degli investitori internazionali, un fenomeno al quale
hanno però contribuito anche le recenti incertezze sui Pir. «L’inattesa quantità di denaro affluita sulla prima versione di
questo strumento ha finito per mettere in difficoltà l’industria del risparmio, che si è trovata a gestire fondi di ammontare
molto elevato in un settore in cui manca ancora un’offerta sufficiente di titoli su cui investire», aggiunge Parenti.
Le soluzioni a simili inconvenienti tecnici stentano a convincere gli addetti ai lavori, a cominciare dai Pir 2 varati proprio la scorsa settimana con il Decreto crescita, che prevedono l’obbligo di investire una quota del 3,5% di quanto raccolto nelle Pmi quotate su Aim e un ulteriore 3,5% in fondi di venture capital: «Imponendo di destinare il 7% a strumenti illiquidi si rischia di stravolgere la natura di un fondo aperto», nota a questo proposito Tempestini.
Eltif, alternativa da valutare
Il rischio è quello di un prolungamento della fase di paralisi che a tutt'oggi attanaglia il mercato dei Pir ed è soprattutto
di questo argomento che si discuterà nel workshop «Le Eccellenze del Made in Italy» organizzato a Torino oggi da Intermonte
e KT & Partners. Durante l’evento - al quale parteciperanno anche Giulio Centemero, Capogruppo Lega alla Commissione Finanze
della Camera, Antonio Zennaro, membro 5 Stelle e componente della Commissione Finanze alla Camera, Fabio Galli, Direttore
Generale di Assogestioni, Irene Tinagli, membro Pd e componente della Commissione Lavoro, oltre ad alcuni fra i manager delle
principali small e mid cap italiane - si farà probabilmente riferimento anche a una delle possibili soluzioni all'impasse: quegli Eltif, fondi europei a lungo termine debuttanti anche sul mercato italiano, per i quali si chiedono (attraverso un emendamento
al Decreto Crescita firmato proprio da Centemero alcuni giorni fa) analoghi vantaggi fiscali. È in questi strumenti che si
confida per ristabilire il collegamento fra il risparmio degli italiani (in questo caso dei clienti più facoltosi) e la piccola
e media impresa.
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