Il market mover dei mercati finanziari internazionali resta il tema della guerra commerciale. Anche l’ottava appena conclusa è stata contrassegnata da un andamento molto volatile dei listini sull’onda degli annunci del presidente Usa, Donald Trump. I tweet sullo stato delle trattative Usa-Cina rappresentano oramai il segnale per imprimere la direzionalità al rialzo o al ribasso delle Borse. La sensazione è che tutto questo possa continuare in attesa del vertice, probabilmente a fine giugno, quando Trump vedrà il presidente cinese Xi Jinping durante i lavori del G20 in Giappone.
Il bilancio
La settimana è stata caratterizzata da repentini cambi di fronte sui mercati. Alla fine il bilancio è positivo soprattutto
per il listini del Vecchio Continente che hanno svoltato al rialzo da mercoledì dopo che i media Usa hanno anticipato che
il presidente Trump punta a rinviare l'entrata in vigore dei dazi sull'auto di sei mesi. Francoforte ha guadagnato l’1,4%
grazie al peso determinante dei titoli legati all’export. Bene anche Milano che ha messo a segno un progresso dell’1,1%.
Su Piazza Affari ha pesato il rialzo dello spread tra BTp e Bund, che ha chiuso a 276 punti base (4 punti più della settimana precedente) dopo essersi spinto fino in area 290, al top da febbraio. La vigilia delle elezioni Ue e le dichiarazioni in campagna elettorale hanno alimentato la tensione riaccendendo il dibattito sul rispetto dei parametri contabili da parte di Roma. Il ritrovato slancio dell’azionario ha frenato l’oro, che perde terreno su base settimanale mentre un flusso di acquisti ha interessato il petrolio.
Gli Usa e gli Emergenti restano indietro
Per Wall Street il bilancio è stato poco mosso con l’S&P 500 che ha chiuso intorno ai valori di una settimana prima. Ben più
pesante il bilancio l’indice Msci Emerging, con un calo intorno al 3 per cento. Evidentemente i rischi legati alla guerra
commerciale vengono maggiormente percepiti, dagli operatori, al di fuori degli States. Il recupero che ha risollevato Wall
Street dai minimi di settimana è stato alimentato delle parole di Donald Trump, secondo cui un accordo commerciale tra Usa
e Cina può essere “assolutamente” raggiunto e che le dispute recenti a colpi di dazi sono solo “battibecchi”.
Sia a Washington sia a Pechino è stato detto che i negoziati commerciali continuano e questo nonostante il governo americano abbia alzato al 25% i dazi adottati lo scorso settembre su 200 miliardi di dollari di importazioni cinesi e nonostante l'amministrazione cinese abbia reagito aumentando a sua volta i dazi al 25% su 60 miliardi di dollari di importazioni americane (dal prossimo primo giugno). I rapporti tra Stati Uniti e Cina sono tuttavia rimasti sotto osservazione dopo l'ordine del presidente americano, Donald Trump, di vietare alle aziende Usa l'uso di apparecchiature di tlc realizzate da società estere. Un provvedimento che penalizza più che altro la cinese Huawei.
Ancora flussi in calo da equity
A livello globale, il report settimanale realizzato da Bofa Merrill Lynch evidenzia un calo di 19,5 miliardi dai fondi azionari
e un afflusso di 5,1 miliardi su quelli obbligazionari. L’uscita dall’azionario interessa anche l’Europa, nonostante il recupero
messo a segno. Pesante il deflusso dagli Emergenti, che lunedì hanno fatto registrate l’uscita giornaliera più pesante dalla
crisi valutaria cinese dell’agosto 2015. La preferenza per i bond ha spinto gli acquisti sui titoli rifugio, con il rendimento
del Bund decennale che ha rivisto il record negativo del 2016. Il Treasury Usa è scivolato al 2,4 per cento.
© Riproduzione riservata