L’andamento del mercato azionario non è una variabile che dovrebbe influenzare le decisioni di politica monetaria di una banca centrale che, sulla carta, dovrebbe orientarsi in base all’andamento di dati macroeconomici come l’inflazione o disoccupazione. I mercati tuttavia tendono spesso ad anticipare l’andamento del ciclo e per questo possono dare un’indicazione utile su quello che potrebbe essere lo scenario futuro e in tal modo condizionare le scelte di politica monetaria.
Un esempio di come i mercati possono influenzare le scelte dei banchieri centrali lo si è avuto chiaramente tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019 quando, anche alla luce del brusco ribasso registrato da Wall Street arrivata a perdere quasi il 20% dai massimi ai minimi, la Federal Reserve ha deciso di rinviare la programmata stretta sui tassi a data da destinarsi. Anche se formalmente la decisione è stata presa alla luce di timori riguardo un possibile rallentamento dell’economia globale è chiaro che la volatilità di fine 2018 abbia fornito un contributo decisivo.
La svolta Fed è stata cruciale nell’innescare il rimbalzo dei mercati azionari. Dopo un avvio d’anno molto positivo, tuttavia, nuove minacce incombono sul futuro. Una su tutte: quella di una guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, tornata d’attualità dopo i nuovi dazi di Trump introdotti dopo l’ultimo stop alle trattative. Sono aumentate le probabilità che l’economia americana, reduce da un ciclo espansivo durato oltre 10 anni, finisca in recessione e in prospettiva sono destinate ad aumentare le pressioni sulla Fed perché tagli i tassi di interesse. Lo stesso Trump è tornato a invocare una misura del genere come contromisura nel caso in cui la Cina dovesse adottare politiche monetarie espansive per rilanciare la propria economia.
Certo è che, ora come ora, è decisamente dura per la Fed giustificare un taglio dei tassi con un’economia che viaggia a pieni ritmi e un tasso di disoccupazione ai minimi da 50 anni. C’è però una variabile che potrebbe spingere la Fed ad accelerare i tempi: il mercato azionario.
Ma fino a che punto un ribasso di Wall Street può contribuire a far cambiare rotta anche alla Fed spingendola a mettere in atto un taglio del costo del denaro? Questa domanda è stata posta ai gestori da Bank of America Merrill Lynch nel corso del suo ultimo sondaggio tra gli addetti ai lavori. La risposta più gettonata è stata lo sfondamento al ribasso, da parte dell’indice S&P500, della soglia dei 2.350 punti. Il che equivale a una correzione del 22% dell’indice dai massimi (2.954) toccati questo mese o del 17,8% se calcolato rispetto ai livelli della chiusura di venerdì scorso.
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