NEW YORK - «Un accordo con la Cina può ancora assolutamente esserci se la Cina vuole farlo». Dopo il lunedì nero che ha bruciato mille miliardi nelle borse di tutto il mondo, Donald Trump tende la mano alla Cina e al suo presidente Xi Jinping con cui ha ribadito di avere un rapporto «straordinario». I negoziati «non sono saltati», dice Trump parlando ai giornalisti fuori dalla Casa Bianca. Gli scontri recenti, il rialzo dei dazi americani e i contro-dazi appena annunciati da Pechino, sono solo «un bisticcio». Un litigio da bambini di poco conto. E il dialogo tra le due nazioni «è molto buono». «Possiamo siglare un accordo con la Cina domani, prima che le loro aziende inizino a lasciare il loro paese con gli Stati Uniti, ma l’ultima volta che ci siamo andati vicini volevano rinegoziare il tutto. Assolutamente no».
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La data per la ripresa dei negoziati, il dodicesimo round che dovrebbe tenersi a Pechino, non è stata ancora decisa. Trump e Xi si incontreranno al prossimo G 20 a Osaka, in Giappone, il 28 e 29 giugno, come è stato confermato ieri dallo stesso presidente americano. Un incontro per abbassare i toni dello scontro. La Cina non vuole il muro contro muro e non può permetterselo. Ma anche gli Stati Uniti, nonostante l’ottimismo pre-elettorale di Trump, forte dei buoni risultati economici e dalla disoccupazione ai minimi da 49 anni: quarantacinque economisti, sentiti in un sondaggio da Bloomberg, ritengono che «l’escalation della guerra commerciale aumenti le possibilità che l’economia americana possa entrare in recessione per la fine dell’anno».
Trump lo sa e in queste ore cerca di allentare la tensione e le preoccupazioni degli investitori. Ma la macchina è partita. L’Ufficio del rappresentante speciale al commercio Usa ha avviato la procedura per per i nuovi dazi al 25% sugli ultimi 300 miliardi di dollari di export cinese rimasti fuori dalle ritorsioni americane, tra cui smartphone, sneakers e giocattoli. Le associazioni dei retailer americani prevedono un rialzo dei prezzi per i consumatori. Jp Morgan stima che Apple, per compensare queste tariffe, potrebbe aumentare il prezzo di vendita degli iPhone del 14 per cento. Trump ha precisato che questi dazi non sono stati ancora decisi. La procedura con la raccolta dei commenti pubblici si concluderà il 24 giugno. I dazi resteranno come un brusio , una minaccia velata verso i cinesi fino alla vigilia del G 20 di Osaka. Trump ieri in un altro tweet è tornato anche a occuparsi di politica monetaria. «Siamo una economia molto più grande ora della Cina e ne abbiamo aumentato in maniera sostanziale le dimensioni dalle grandi elezioni del 2016».
E ancora: «La Cina inietterà denaro nel suo sistema e probabilmente ridurrà i tassi di interesse per compensare le aziende che perde e perderà. La Fed dovrebbe fare lo stesso. Se la Fed tagliasse i tassi sarebbe “game over”, avremmo vinto». Da Pechino, il portavoce del ministero degli Esteri invita gli Stati Uniti a «non sottostimare la determinazione della Cina a salvaguardare i propri interessi».
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