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Elkann e quella stretta dopo l’intesa di gennaio tra Volkswagen e Ford

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Servizio |il retroscena

Elkann e quella stretta dopo l’intesa di gennaio tra Volkswagen e Ford

(Imagoeconomica)
(Imagoeconomica)

Lo scorso 15 gennaio, a Detroit, sono accaduti due fatti. Il primo, sotto gli occhi di tutti, è stato l’annuncio dell’accordo tra Volkswagen e Ford. Il secondo, più in sordina, è stata la presa di coscienza da parte di John Elkann, presidente di Fca, che non c’era più tempo da perdere: bisognava creare le condizioni per una grande alleanza. Secondo le testimonianze raccolte, insomma, quel giorno è scattato qualcosa. L’accelerazione nella ricerca del partner ideale di Fca, racconta chi questa fase l’ha vissuta da vicino, era tangibile, con il presidente di Fca concentrato su un unico obiettivo: dare forma a quel consolidamento tanto cercato in passato da Sergio Marchionne e condiviso dalla proprietà.

Quasi istintivamente il primo pensiero è stato guardare in America, ripescando il vecchio disegno con General Motors. Fca, del resto, era profondamente cambiata rispetto a quella che aveva presentato Marchionne nel 2015. Ma il percorso industriale portato avanti dal Ceo Mary Barra e la più volte rivendicata autonomia del colosso americano, da sempre contrario a processi di fusione, avrebbe scoraggiato fin da subito un approfondimento dell’opzione. Da qui all’Europa il passo è stato breve.

A partire dallo scorso marzo Elkann avrebbe organizzato gruppi di lavoro interni tra Torino e Detroit per vagliare le soluzioni europee più vantaggiose per Fca e per i suoi soci, inclusa Exor, ponendo come condizione primaria un partner capace di portare in dote significativi investimenti nell’elettrico e nella tecnologia. Analisi che avrebbero portato diritto in Francia alla Psa di Carlos Tavares e alla Renault di Jean-Dominique Senard.

In qualche occasione accompagnato dal Ceo Mike Manley, il più delle volte in assoluta autonomia, Elkann ha gestito in prima persona i passaggi chiave dei negoziati, strategici e tecnici. Con viaggi sempre più frequenti a Parigi, dove ha casa, ha intavolato le prime discussioni con Tavares, vecchia conoscenza del numero uno di Exor, perché già in passato il dossier Psa era stato approfondito insieme a Marchionne. Ed era arrivato anche a un buon punto, salvo poi essere accantonato a causa delle resistenze della famiglia Peugeot. Proprio la struttura proprietaria sarebbe stata anche nei mesi scorsi un elemento che avrebbe giocato a sfavore del potenziale accordo. In Psa ci sono tre azionisti con il 14% ciascuno: la famiglia, lo Stato francese e il socio cinese DongFeng. Una questione di equilibri delicati, dunque. Ma anche di criticità industriali rilevanti. «Psa rappresentava una sovrapposizione di Fca e i valori di Borsa penalizzavano Torino», racconta un manager informato.

Avviare un dialogo con Renault è stato così quasi naturale. Intanto perché almeno uno degli interlocutori, il governo francese, era stato già sondato. E poi perché rispetto alla casa concorrente, i fragili equilibri dell’alleanza tra Renault e il gruppo Nissan rappresentavano la condizione ideale per “sistemare” una partnership che ha sempre fatto fatica a decollare. Certo anche i valori di Borsa e la possibilità di spuntare altri ricchi dividendi per tutti gli azionisti di Fca hanno avuto la loro importanza. Ma il resto lo ha fatto quell’intesa, quasi immediata, con Senard. Al punto che Elkann non avrebbe avuto difficoltà, nell’ambito delle trattative, ad avallare uno schema al vertice con il manager francese alla guida e il presidente di Fca nel suo vecchio ruolo.

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