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Dossier Fca-Renault: i marchi, le piattaforme e le tecnologie del megagruppo

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    Dossier | N. 9 articoli Fca & Renault, il matrimonio mancato

    Fca-Renault: i marchi, le piattaforme e le tecnologie del megagruppo

    Si avvicina la creazione di una nuova realtà nel panorama automobilistico: con la fusione tra Fca e il gruppo Renault, l’automotive cambia pelle e il 27 maggio 2019, giorno dell’annuncio, sarà ricordato come una data storica per l’industria dell’auto. Con il via libera alle complesse procedure per avviare la fusione tra Fca e il gruppo Renault inizia un processo di integrale revisione della geografia dell’industria dell’automobile con prospettive di dominio planetario qualora si arrivasse a una triplice intesa coinvolgendo, come il ceo di Fca Mike Manley ha auspicato, anche l’intera Alleanza Renault Nissan Mitsubishi.

    A chiedere la partecipazione del gruppo giapponese anche il presidente di Fca John Elkann in una dichiarazione scritta al quotidiano Nikkei nella quale indica i vantaggi condivisi nel costruire una partnership globale con tre grandi società durante questo periodo di trasformazione senza precedenti dell'industria automobilistica.

    Questo potrebbe spingere i giapponesi a integrarsi definitivamente dopo tentennamenti e la vicenda della caduta (con arresto) di Carlos Ghosn, l’ex numero uno di Nissan e Renault o ad accettare gli italo americani nell’Alleanza. Con un patto esclusivamente eurocentrico si viene a creare un gruppo al terzo posto nel mondo in grado di immettere sul mercato circa 9 milioni di autoveicoli (8,7 per la precisione).

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    Infatti, nel 2018 il gruppo Renault che comprende anche Dacia, Lada, Renault Samsung Motors, Alpine e la cinese Jinbei & Huansong ne ha venduti oltre 3,8 milioni mentre Fca con i marchi Jeep, Dodge, Ram, Chrysler, Alfa Romeo Fiat (con Fiat Professional), Maserati Lancia, Abarth ne ha prodotti a livello globale oltre 4,8 milioni. Se nella partita entrasse anche Nissan con Mitsubishi e Datsun si arriverebbe a creare un colosso globale da 15 milioni di auto all’anno ben più potente di Toyota e del gruppo Volkswagen.

    In entrambi i casi si tratta di un accordo vantaggioso per tutti. Infatti si stimano 5 miliardi di euro in sinergie, senza contare quelle gia esistenti con Nissan. Fca in posizione di forza finanziaria rispetto ai francesi ha tanti marchi, pochi modelli per brand, è più debole sul versante delle piattaforme e non ha sottomano tecnologie chiave per l’elettrificazione mentre nella guida autonoma vanta una partnership importante con Google e Bmw.

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    Al contrario il gruppo Renault, grazie anche al partner giapponese dispone di architetture modulari all’avanguardia (Cmf Common module family) che permettono di costruire vetture diverse (dai suv alle berline) di ogni marchio e con powertrain di tutti i tipi compresi quelli elettrificati (ibridi e plug-in). In pratica l’architettura Cmf e le sue derivate funziona come la celeberrima Mqb del gruppo Volkswagen. Fca, che ha fame di soluzioni costruttive per dare esecuzione al piano industriale annunciato un anno fa, avrà pane per i suoi denti. Difficilmente i risultati si vedranno i tempi brevi ma i futuri modelli Alfa Romeo (magari non il suv Tonale in corso di progettazione) potranno avere un Dna comune a modelli Renault come Kadjar o Nissan Qashqai. Ma non solo Alfa e Maserati (queste saranno solo elettrificate) potrebbero essere imparentate con le Infiniti (brand di lusso di Nissan) qualora tutta l’Alleanza partecipasse al nuovo super gruppo. In ogni caso, con la piattaforma Cnf si potranno costruire le future generazione di Jeep Renegade e la baby Renegade oppure far rinascere la Fiat Punto derivandola dalla Clio che ha da poco svelato la nuova generazione che sarà anche elettrica. E qui veniamo a un punto chiave: con le norme sulle emissioni previste (95 g/km CO2) per il 2020 o si emette poca anidride carbonica oppure si è spacciati a suon di multe. E qui la soluzione si chiama elettrificazione (ibrido, plug-in hybrid, mild hybrid, elettrico puro).

    Va ricordato che Fca ha fame di piatafforme. dFca a giugno ha varato un ambizioso piano industriale con decine di modelli (soprattutto Jeep, il brand principe, ma anche Alfa Romeo). Ora per dare esecuzione al piano non basta far vedere concept car come la Fiat Centoventi o il baby suv Alfa Romeo Tonale, ma occorre fare le auto promesse. E qui servono soldi (tanti) e piattaforme. E Fca non ha le risorse economiche di un gigante come Volkswagen, che sulla piattaforma modulare Mqb ha messo 60 miliardi e sulle auto elettriche ne ha destinate un'altra quarantina e molti investimenti sono stati diretti allo sviluppo della piattaforma Meb specifica per le vetture alla spina. Appare chiaro che in un'industria automotive sempre più liquida, con gruppi cinesi, Geely in primis, le piattaforme modulari condivise sono un punto chiave. Senza non si va da nessuna parte. Il gruppo italoamericano sta “cucinando” autovetture con gli ingredienti che aveva in casa. L'unica piattaforma davvero nuova è quella che, denominata Giorgio, dà vita ad Alfa Romeo Giulia e al suv Stelvio e si vociferava potesse essere impiegata anche per modelli americani come per esempio le futura Dodge. Fca ha però fatto un vero miracolo: ha preso due piattaforme italiane, la Compact (quella della Giulietta) e la Small (quella della Punto, quindi non proprio giovane) e le ha fatte evolvere per creare un gran numero di modelli. In particolare, la Small è stata resa praticamente modulare: allungata e allargata (Small Wide) e adattata anche alla trazione integrale. Su questa piattaforma si basano Fiat 500X, Jeep Renegade, nuova Compass, Fiat 500 L e Tipo. In pratica un risultato eccellente senza spendere la fortuna che il gruppo Volkswagen ha messo sul piatto. Ma adesso serve uno salto visto che si progettano ibride e ibride plug-in e Fca al momento prevede di usare quanto ha in casa compresa la piattaforma CUSW (Compact Us Wide) per il futuro suv Tonale. Per andare avanti servono archiettetture di nuiva generazione da sviluppare in proprio o in condivisione con un alleato e fra questi si pensava potesse esserci esserci Psa o Hyundai, invece poi la scelta è caduta su Renault.

    FCA-RENAULT, I NUMERI DELL’INTESA
    Dati in volume, migliaia di veicoli. Fonte: dati delle case su elaborazione del Sole 24 Ore

    Il gruppo Renault ha in “magazzino” le tecnologie necessarie a portata di mano per i marchi Fca, del resto la Régie nationale è stata tra i pionieri dell’auto elettrica di massa con un piano ormai lanciato mentre Nissan, con la Leaf, è il vero leader mondiale delle auto alla spina. E nella banca d’organi franco giapponese ci sono anche le soluzioni extended range (e-Power) dove un motore a scoppio (senza compiti di trazione) ricarica le batterie di quello elettrico che spinge la vettura. E non mancano tecnologie “a scaffale” per la guida assistita e per quella autonoma, compresa l’attenzione di Renault verso i robotaxi. Insomma Renault per Fca è un partner strategico (tra l’altro le due aziende sono già alleate nei veicoli commerciali) perché governa tecnologie chiave.

    Interessante è anche l’integrazione sul fronte dei motori convenzionali. Sui benzina di piccola cubatura c’è qualche sovrapposizione tra le nuove unità Fca a 3 e quattro cilindri siglate Gse (Global Small Engine) e milletre di nuova generazione sviluppati da Renault e da Nissan. Tuttavia su questo fronte il nuovo gruppo vanta un’offerta ampia mentre su quello diesel Renault nella sua banca organi vanta unità eccellenti di media e grossa cilindrata.

    Ma il matrimonio Fca Renault (anche senza Nissan) ha anche altri vantaggi. Permette ad esempio di agire su più mercati (Renault in America è inesistente) grazie a inedite dimensioni globali che comprendono Sud America (dove Fca con Fiat è messa bene) e Cina. Il nuovo gruppo inoltre dispone di marchi specialistici di impatto mondiale come Jeep o di brand premium come Alfa Romeo. Ma ha anche marchi regionali low cost come Dacia e brand come Fiat o Lada capaci di agire su aree ristrette solo se alle spalle ci sono opportune sinergie. E in un mercato dell’auto sempre più dominato dai suv non si possono non vedere i benefici per Fca da un patto con un leader del settore sport utility come Renault (eventualmente esteso a Nissan, la casa che ha creato 13 anni fa il fenomeno con il Qashqai). E poi ci sono anche i pick-up. Dai noi sono veicoli di nicchia e quasi esotici, ma in realtà sono strategici e Fca che in America è fortissima con Ram ha bisogno di modelli di taglia più piccola e questi potrebbero arrivare grazie alla piattaforma di Nissan e Mitsubishi (tra l’altro già alleata di Fiat su questo fronte). E infine ci sono anche le compatte e le citycar, quelle che conviene costruire solo se i volumi sono elevati e qui mettendo insieme le forze Fca e Renault potrebbero tornare a fare la differenza. Nonostante le inevitabili sovrapposizioni.

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