Mentre il progetto Fca-Renault procede a passo spedito, tra appuntamenti ufficiali e negoziazioni triangolari, il mercato studia i numeri contemplati nella grande fusione del mondo dell’auto, giudicata quasi all’unanimità come la combinazione perfetta. Sulla carta la fusione proposta dal gruppo presieduto da John Elkann ha riconosciuto un premio del 10% al costruttore francese. È altrettanto vero, però, che, se per pura esercitazione, si va ad applicare una semplice sommatoria degli asset che ha in pancia Renault, i numeri che saltano fuori raccontano un’altra storia. Più precisamente che il gruppo di Parigi è «andato via gratis», come sottolinea un analista.
La tesi, molto semplificativa ma altrettanto evidente nelle valorizzazioni prese come riferimento del merger, è il risultato di una semplice somma delle parti. Le capitalizzazioni scelte ai fini della fusione e che daranno vita a una nuova società olandese perfettamente paritetica tra soci Fca e soci Renault, sono 18 miliardi per la casa automobilistica italo americana e 15 miliardi per il costruttore francese. Nel caso di Renault, quella capitalizzazione, a cui Fca dovrà adeguarsi staccando un dividendo di quasi 3 miliardi (includendo anche l’effetto Comau), dice che il gruppo presieduto da Jean-Dominique Senard è stato valutato quasi zero.
Il numero, quei 15 miliardi, contempla “soltanto” il valore della quota detenuta in Nissan e quello della cassa industriale. La partecipazione di Renault nel partner nipponico, pari al 43%, tenendo conto dei valori di Nissan pre annuncio dell’operazione, si traduce in circa 11 miliardi di euro. In più, la posizione finanziaria netta industriale di Renault alla fine del 2018 era positiva per 3,7 miliardi. In tutto, dunque, sommando l’asset giapponese e la liquidità nelle casse francesi, fa 14,7 miliardi. Per un gruppo come Renault, che fattura qualcosa come 57 miliardi di euro viene dunque riconosciuto un valore di 300 milioni, tre volte il prezzo pagato per Cristiano Ronaldo. Possibile?
D’altra parte, si osserva, Fca ha dimensioni doppie rispetto al partner francese. I dati al 31 dicembre scorso vedono nel confronto tra Detroit e Parigi, un fatturato di 110 miliardi che si confronta con un giro d’affari di 57 miliardi per la casa francese. E guardando la redditività le proporzioni restano le stesse: il Mol di Fca è di 11,15 miliardi contro i 6,8 miliardi di Renault e l’utile netto vede 3,6 miliardi del gruppo italo americano contro i 3,3 miliardi della casa automobilistica di Parigi, che senza l’apporto di Nissan, scende a 1,8 miliardi. Quindi, a ben vedere, il gruppo guidato da John Elkann appare la società “sacrificata” nella fusione avendo accettato un trattamento alla pari nonostante non sia alla pari.
Il punto è che in questo grande accordo è come se si fossero comprate delle “opzioni” sul futuro, con i numeri che passano in secondo piano.
L’opzione di Elkann è avere sin da subito una corsia preferenziale nel caso in cui si dovesse concretizzare la fusione tra la casa francese e il partner nipponico. Esserci, insomma. Solo l’allargamento effettivo al partner nipponico dell’alleanza siglata con Renault riuscirebbe a esprimere le reali potenzialità del progetto appena avviato. E ad ogni modo, fondendosi con Renault, Fca e i suoi soci mettono una ipoteca concreta sulla metà della partecipazione in Nissan, quel 43% che in Borsa vale 11 miliardi.
L’opzione del gruppo francese è sposare un partner, Fca appunto, capace di sbloccare la fusione con Nissan, per anni rincorsa senza successo. Tralasciando gli enormi vantaggi industriali che esprimono 5 miliardi di sinergie l’anno, l’operazione, per come è stata concepita, sembra aver creato le condizioni ideali per far ripartire un concreto tavolo negoziale con Nissan.
Tra queste spicca il cambio di interlocutore che gioca a favore dei rapporti complessi con il Giappone. L'Alleanza è stata messa a dura prova dalla vicenda di Carlos Ghosn, l'ex numero uno arrestato con l'accusa di aver distratto fondi del gruppo e di aver sotto-rappresentato agli azionisti la sua remunerazione. Ghosn era il primo sponsor di una fusione tra la casa francese e quella nipponica, ma le vicende che lo hanno travolto hanno congelato l'operazione. L'inserimento di un attore, che porta in dote quei marchi di fascia alta, come Maserati e Alfa Romeo, assenti sull'asse franco-nipponico, potrebbe diventare la chiave giusta per riaprire il canale di comunicazione.
In secondo luogo, si racconta, il percorso stesso dell'aggregazione, che porterà via più di un anno per creare la nuova Fca-Renault, sposta il focus su questa prima fase del progetto e concede abbastanza tempo a Nissan per valutare pro e contro di un allargamento del piano e di un suo coinvolgimento.
Infine, e non secondario, il primo effetto della fusione tra Fca e Renault sarà proprio quello di sbloccare in modo automatico i diritti di voto dei giapponesi nella casa francese, garantendo loro un peso in prospettiva uguale a quello del governo transalpino. Nissan ha infatti il 15% di Renault, e Renault a sua volta il 43% di Nissan. Secondo la legislazione francese il voto del partner nipponico è congelato in quanto la casa è equiparata a una sorta di filiale di Parigi. La nuova società che nascerà dalla fusione avrà una nuova sede in Olanda, facendo dunque decadere quella sterilizzazione dei diritti di voto.
Nissan dunque, nel nuovo polo, avrà il 7%, quanto il Governo francese e dietro la Exor di John Elkann, al 13%. Insomma, come sottolinea una persona vicina alle trattative, «è un'operazione concepita per essere win-win», con la presenza di soli vincitori al tavolo negoziale: Fca, Renault e Nissan.
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