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Petrolio affondato dalle guerre commerciali: Brent a 62 dollari…

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Petrolio affondato dalle guerre commerciali: Brent a 62 dollari (-4%)

La minaccia di dazi Usa anche contro il Messico sembra aver dato il colpo di grazia al petrolio, affondando il prezzo del Brent a quota 62 dollari al barile.
Il petrolio ha subito un tonfo notevole anche al Nymex, dopo che Donald Trump ha improvvisamente aperto un nuovo fronte di guerra commerciale, scagliandosi contro un Paese che aveva appena firmato gli accordi per il nuovo Nafta. Il contratto a luglio ha perso il 5,5% a 53,50 dollari, ai minimi dal 12 febbraio scorso. Il Wti ha archiviato il mese peggiore dallo scorso novembre con un calo del 16,3 per cento.

Il benchmark internazionale per il greggio è ora in ribasso di oltre il 10% nel mese di maggio, che si avvia ad essere il peggiore dallo scorso novembre. Rispetto al picco di fine aprile – quando il barile aveva superato 75 dollari – la perdita sfiora il 15%.

Dopo la pessima seduta di giovedì – che i mercati petroliferi avevano chiuso con perdite vicine al 4% – la giornata oggi si è di nuovo aperta nel segno delle vendite, con un pessimismo per la crescita globale che sta danneggiando anche i listini azionari e altre materie prime, in particolare quelle che risentono maggiormente dei cicli economici. In chiusura di giornata l’ondata di vendite si è ancora intensificata.

Il rame è ai minimi da inizio gennaio, vicino a 5.800 dollari per tonnellata (base tre mesi) al London Metal Exchange. In un mese ha perso oltre il 10%, cosa che non succedeva da tre anni e mezzo.

L’oro viceversa sta beneficiando del ruolo di bene rifugio, anche se non si può dire che abbia ritrovato un vero e proprio slancio: le quotazioni si sono spinte fino a sfiorare (senza però raggiungerla) la soglia dei 1.300 dollari l’oncia, con un rialzo che non ha mai superato il punto percentuale.

Le tensioni commerciali con il Messico potrebbero danneggiare i raffinatori americani, che dai vicini di casa importano circa 680mila barili al giorno di greggio, in gran parte di qualità pesante, come quelle che già scarseggiano: il petrolio venezuelano è offlimits negli Usa per via delle sanzioni contro Caracas, i flussi dal Canada si sono assottigliati dopo che la provincia dell’Alberta (patria delle oil sands) ha ridotto la produzione per sostenere i prezzi.

Il mercato è tuttavia concentrato soprattutto sui rischi per l’economia globale: un rallentamento della crescita comporta anche una frenata dei consumi petroliferi. E anche senza il nuovo fronte messicano, le tensioni Usa-Cina stanno già diventando sempre più temibili.

Pechino agita lo spauracchio di un embargo sulle terre rare, mentre il caso Huawei sta diventando sempre più pericoloso. Durante la sua prossima visita in Gran Bretagna, Trump minaccerà di limitare gli scambi di intelligence con Londra se quest’ultima consentirà al colosso cinese delle tlc di costruire parte della rete 5G britannica.

Il ministero cinese del Commercio ha invece annunciato che intende creare una sua blacklist di imprese straniere «non affidabili». Mentre Huawei, secondo il Financial Times, avrebbe cancellato incontri tecnici con americani e starebbe licenziando i dipendenti con nazionalità Usa.

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