Le quotazioni del petrolio stanno andando a picco, travolte da un’ondata di vendite che ha brevemente spinto il Brent sotto 60 dollari al barile. Ma per gli altri combustibili fossili la situazione non è molto diversa. Gas e carbone hanno anzi subito ribassi ancora più pesanti negli ultimi mesi e ora, in Europa come nel resto del mondo, scambiano a prezzi che non si vedevano da molti anni: una circostanza che promette di alleggerire, almeno in parte, le nostre bollette.
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La caduta del greggio è stata brusca e inattesa. Con una traiettoria in picchiata che ricorda quella dello scorso autunno il Brent, che a fine aprile aveva superato quota 75 dollari, in poco più di un mese ha perso più del 20%, precipitando in quello che si chiama «bear market». Una caduta analoga ha sperimentato il Wti, che ieri ha anzi avuto le peggio arrivando a perdere oltre il 4% prima di chiudere intorno a 52 dollari, un tonfo avvenuto in seguito a un nuovo, enorme aumento delle scorte statunitensi: tra greggio e prodotti raffinati c’è stato un accumulo di ben 22 milioni di barili la settimana scorsa , il più grande mai registrato nella serie storiche dell’Eia, che risalgono al 1990. Anche la produzione Usa è cresciuta ancora, al nuovo record di 12,4 milioni di barili al giorno.
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