Nuovi equilibri azionari e un impegno dello Stato francese, che attualmente è socio al 15% di Renault, ad alleggerire progressivamente il peso (e la sua influenza) nel futuro assetto del terzo gruppo mondiale di autovetture. Sembra ruotare intorno a queste due condizioni il canale riaperto tra Fca e Renault per riportare di attualità il progetto di fusione tra i due gruppi, un progetto tramontato la scorsa settimana a causa delle pressioni del Governo francese e che ancora non è chiaro in che tempi e in quali termini potrà essere ridefinito.
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Un dialogo dominato in questa nuova fase dalla figura di Dominique Senard, presidente di Renault. Proprio il manager francese nel corso dell’avvio dei negoziati era stato garante di due snodi cruciali: l’appoggio del Governo francese e l’impossibilità da parte di Nissan di porre alcun veto alla fusione sulla base di quanto stabilito nel trattato dell’Alleanza.
Non è stato così. Perché lo Stato ha progressivamente aumentato le richieste e le garanzie ma soprattutto ha ribaltato la posizione di Nissan, da socio che non poteva altro che prendere atto (in base ai suoi poteri di governance) della fusione Fca Renault a interlocutore attivo del tavolo negoziale. Un cambio di marcia improvviso dettato anche da variabili esterne. Perché seppur non diretti interessati, ci sono diversi protagonisti del settore auto che rischiano di perdere importanti quote di mercato se il matrimonio Fca Renault dovesse andare in porto: dalla Psa di Carlos Tavares, partecipata dallo stesso Stato francese al 15%, alla giapponese Toyota.
In questo puzzle assai complesso Senard sembra essere ora pronto a giocarsi la partita fino in fondo. Il duro attacco politico fatto dal palcoscenico degli azionisti di Renault qualche giorno fa è apparso a diversi osservatori come una sorta di ultimatum a Le Maire e Macron: sfiducia immediata o mandato a dar vita a un progetto che lui stesso ha definito “eccezionale”. Cioè la fusione con Fca, per l’appunto.
Il Governo sembra aver così scelto la seconda opzione, ma è evidente che questa volta, nel gioco delle parti, sarà Fca a chiedere più garanzie.
Resta da capire come si inserisce il partner Nissan in questa nuova dialettica. Quello stesso partner giapponese a cui la controllata del Governo francese, Renault, ha minacciato di bocciare la riforma di governance promossa dal ceo Hiroko Saikawa se non otterrà più voce in capitolo nei nuovi comitati. L’assemblea del prossimo 25 giugno dei soci Nissan si preannuncia infatti calda perché in gioco, oltre alla riforma di governance, c’è la conferma del ceo di Nissan Hiroko Saikawa che allo stato attuale appare tutt’altro che scontata. Due importanti proxy advisor hanno inviato agli investitori istituzionali la raccomandazione di votare contro la conferma dell’attuale capoazienda del gruppo giapponese. E per essere confermato Saikawa ha bisogno del voto di oltre la metà dei soci. Insomma, un colpo di scena: un cambio di interlocutore al vertice di Nissan potrebbe ulteriormente rimescolare le carte e avere riflessi immediati sul negoziato tra Fca e Renault.
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Nei colloqui che il ceo di Fiat, Mike Manley, ha avuto in questi giorni a Parigi (per ora John Elkann si tiene defilato), si è naturalmente parlato anche del partner giapponese, Nissan. Il quale, secondo uno dei vari schemi alternativi oggetto di studio in questa fase, potrebbe vedersi garantito un ridimensionamento della quota del 43% facente capo all’eventuale polo Fca-Renault.
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