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«Ericsson rispetterà i target 2020 L’Europa si muova sul 5G»

  • –di - Dal nostro inviato a Stoccolma

Erano tre anni che in Ericsson si rinunciava al “Summer party”, la festa d’estate nel quartier generale a Stoccolma. Con le traversie finanziarie e la crisi degli ultimi anni la tradizione si era interrotta. La festa della scorsa settimana, officiata da un ceo Börje Ekholm che munito di cappello da cuoco serve i dipendenti, quantomeno è un segnale.

Nella multinazionale svedese che è tra i leader globali nella fornitura di reti, tecnologie e servizi per la comunicazione, presente in 180 Paesi, con oltre 97.500 dipendenti, ora si respira un clima diverso, di fiducia. Nel 2018 il fatturato si è attestato sui 210,8 miliardi di corone svedesi (l’equivalente al tasso attuale di 20 miliardi di euro), in crescita del 3%. C’è stata una perdita di 6,3 miliardi di corone (593 milioni di euro), molto inferiore rispetto ai 32,4 miliardi di corone del 2017. E nel primo trimestre 2019 si è tornato a vedere l’utile per 2,4 miliardi di corone. Anche in Borsa il titolo è salito del 20,7% da inizio anno, per una capitalizzazione di 29,5 miliardi di euro.

Ericsson ora è un’azienda diversa, dopo grossi risparmi sui costi di personale e non, vendita del settore media, ridiscussione di contratti non redditizi. In questo quadro c’è un 5G che ormai è realtà e in cui Ericsson vuole giocare da protagonista. Per ora ha messo la firma su 9 delle 12 reti 5G commerciali al momento disponibili sui 4 continenti. A questo punto la multinazionale svedese può avvantaggiarsi dallo scontro fra la cinese Huawei e il governo Usa? «Ad oggi – risponde Ekholm – non abbiamo visto effetti sui nostri bilanci. L’unica cosa che vediamo è che gli operatori sono più incerti, si valutano le alternative ma non si intraprendono azioni».

Negli anni scorsi comunque Ericsson ha attraversato un periodo difficile. È finito? E quali sono gli impatti del 5G sui risultati finanziari per voi?

Abbiamo trasformato l’azienda e siamo fiduciosi che raggiungeremo il nostro obiettivo finanziario fissato per il 2020 (10% margine operativo, ndr.). Dal 2017 abbiamo implementato una strategia più focalizzata. Il primo obiettivo era stabilizzare la società e riportare Ericsson alla redditività, grazie alla tecnologia e alla leadership di mercato. L’ambizione di questa strategia è costruire una Ericsson più forte nel lungo termine. Grazie a una combinazione di investimenti in ricerca e sviluppo per incrementare la leadership tecnologica, di attività per ridurre i costi e a seguito di alcune revisioni di contratti, siamo riusciti a creare una solida base di stabilità e profittabilità.

C’è però chi di recente ha parlato di zero possibilità per voi di raggiungere gli obiettivi del 2020.

Io parlo di zero rischi. Quando li abbiamo annunciati nessuno credeva che fossero obiettivi realistici, in quel momento. Adesso, invece, tutti ci dicono che è così facile. La realtà è che gestiamo l’azienda con una prospettiva di 5-10 anni e ora ci concentriamo sulla guidance.

Il 5G è una delle chiavi di volta. Qual è la sua opinione in merito all’implementazione in Europa?

Oggi l’Europa è indietro rispetto agli Stati Uniti e all’Asia. Il lavoro più impegnativo da fare riguarda le aste per l’assegnazione dello spettro. Aste che si sono svolte in circa la metà dei Paesi, ma il problema principale riguarda il prezzo: oggi un’asta per lo spettro è considerata di successo se massimizza le entrate del governo. Io credo che l’obiettivo debba essere, invece, quello di facilitare la costruzione della rete da parte degli operatori.

Preoccupati quindi dei ritardi?

Come continente sì, lo sono. Sono solito dire che le infrastrutture di telecomunicazioni rappresentano una parte fondamentale per il sistema di innovazione di ogni nazione. Guardiamo, dunque, alle principali aziende produttrici di applicazioni: provengono dagli Usa o dalla Cina. E questo perché sono Paesi che hanno forti infrastrutture di telecomunicazioni e forti reti mobili, molto meglio che in Europa, oggi indietro tre-quattro anni su questi aspetti.

Beh, per voi l’affaire Huawei potrebbe essere un bene.

Guardi, bisogna concentrarsi sulle cose su cui si può avere un impatto, un controllo. Noi possiamo farlo con i prodotti e le soluzioni che forniamo ai nostri clienti e possiamo avere un impatto sul modo in cui gestiamo l’azienda, sulle persone che abbiamo e via dicendo. Se mi concentro su queste due cose, poi lascio che il resto succeda.

Ma quello che sta accadendo, per voi è più un pericolo per le incertezze degli operatori o più un’opportunità?

Onestamente, non lo so. Posso solo lavorare sulle cose che conosco, cioè sui prodotti che offro ai miei clienti. Se lo facciamo in un modo sempre migliore, allora avremo un futuro brillante.

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