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Questo articolo è stato pubblicato il 07 febbraio 2013 alle ore 15:09.

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Andrea ci accoglie in sneakers blu e racconta l'idea di Jobyourlife, network geolocalizzato per offrire lavoro. Giorgio, in felpa d'ordinanza, esordisce con «bella storia», quando gli chiediamo di raccontarci Ploonge, il suo social network di eventi. Giuseppe è in jeans, cortese ma fermo, «facciamo in fretta per piacere, abbiamo una conference call con Master Card».

L'Ict 2.0 nasce qui, alla periferia di Milano, nell'acceleratore d'impresa del Politecnico di Milano, struttura che a breve cambierà nome in Polihub triplicando gli spazi per ospitare 100 start-up in cinque anni. Uffici scarni, carta quasi assente, sui tavoli solo tastiere e computer, di giacche e cravatte neppure l'ombra, così come di sedie in pelle, maxiscrivanie o piante ornamentali. Ma il lavoro no, quello non manca.

«Due giorni fa un'azienda mi ha chiesto dove trovare una ventina di persone – spiega il coordinatore del Polihub Matteo Bogana –, queste sono Pmi che assumono». Lo farà ad esempio Jusp, start-up capace di creare un dispositivo Pos per accettare pagamenti in "mobilità", oggetto protetto da due brevetti che a breve andrà sul mercato. «E se ci riusciamo qui in Italia – commenta ridendo uno dei fondatori, il 26enne Giuseppe Saponara – possiamo farlo ovunque nel mondo».

Ora sono in 12, a fine anno 30 o 40, con una prima tranche di finanziamenti privati da 500mila euro già concretizzata e una seconda, ben più robusta, in arrivo. Al momento le aziende "incubate" nella struttura gestita dalla Fondazione Politecnico di Milano sono 14, 70 quelle ospitate dal 2001 ad oggi, quasi la metà proprio nell'Ict. Anche se molte realtà hanno cambiato pelle e progetto in corsa, magari trasformandosi in società di consulenza, il tasso di successo resta alto, con l'83% delle aziende ancora attive, in grado lo scorso anno di sviluppare ricavi per 54 milioni.

Realtà preziosa quella di Polihub, che attira l'interesse delle grandi multinazionali come Microsoft, che aveva proposto al Politecnico un trasloco, spostando l'intera struttura presso la propria sede nell'hinterland milanese. Spostamento che avrebbe però svuotato l'intero progetto, nato e sviluppato a ridosso dell'Università per creare in zona Bovisa a Milano un vero e proprio distretto tecnologico. «Qui si trova tutto – spiega Bogana –, ricerca, servizi, docenti e strutture di supporto: la prossimità è il modo migliore per diffondere la cultura d'impresa».

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