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Questo articolo è stato pubblicato il 13 febbraio 2013 alle ore 08:48.

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Lo hanno battezzato sacchetto intelligente. Sparisce da solo: non ha bisogno di essere trattato né in discarica né in altro modo. È il risultato di una modifica genetica è figlio di quella che in termini tecnici i ricercatori del parco scientifico e tecnologico chiamano Biofabbrica per la produzione di polimeri biodegradabili.

La sfida è quella, spiegano «di ottimizzare una biofabbrica in pianta trasformata capace di produrre a costi competitivi non solo rispetto ai polimeri biodegradabili in commercio ma anche a quelli di largo consumo ne di origine minerale». E intanto il Parco ha brevettato un sistema di produzione del Pha (o polidrossialcanoato) che prevede l'utilizzo di un batterio (pseudomonas corrugata) che ha la capacità di sintetizzare il biopolimero. A che serve? Ad avvolgere le piantine che saranno inserire nel terreno senza bisogno di togliere la carta trattata con questo sistema o per produrre sacchetti per altri usi. I costi, spiegano, sono competitivi: «Secondo uno studio – dicono i ricercatori – il costo di produzione medio della plastica biodegradabile è in media di 5 dollari al chilogrammo, un dollaro per la plastica tradizionale mentre con il ricorso alla produzione in pianta il costo delle materie plastiche naturali scenderebbe a 40-60 centesimi di dollaro per chilogrammo». Il progetto intanto può contare su un finanziamento di 3,6 milioni a valere sul Pon Ricerca.

Ma in prospettiva la convenienza della produzione e la possibile commercializzazione su larga scala sono stati colti da Salvatore Torrisi, l'imprenditore (oggi ultrasettantenne ma più ma passo con i tempi di un giovane) che ha saputo più volte reinventarsi e trasformare la propria attività e che oggi è famoso in tutto il mondo per Oranfresh il marchio con cui sviluppa e produce macchine agroindustriali con l'impiego di tecnologie e processi altamente innovativi per hotel, ristoranti e bar e presto anche per le famiglie con un nuovo prototipo che è allo studio. Torrisi, che è anche componente del Consiglio di amministrazione del Parco scientifico e tecnologico catanese, ha pianificato un investimento per la produzione del sacchetto intelligente: «Stiamo creando un laboratorio ad hoc per la produzione della plastica naturale frutto della ricerca del Parco» dice.

Lui è tra quelli che più di tutti in questi anni ha creduto in questa struttura e oggi dice: «Il Parco ha grandi potenzialità ma solo da una decina di anni ha cominciato a darsi obiettivi industriali nella ricerca che fa. È stato compreso che questa è la strada giusta ma è molto difficile anche perché si tratta pur sempre di una struttura in cui è forte la presenza del soggetto pubblico. C'è poi da risolvere un altro problema: spesso non sono disponibili quelle figure necessarie allo sviluppo di un prototipo industriale e vanno cercate». Cercate e semmai sottratte ad aziende che già li pagano bene. E per fare questo servono risorse.
N.Am.

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