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Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2013 alle ore 14:14.
Il 30% in meno dei consumi nell'industria a parità di produzione. Ed ecco, nel frattempo, la nostra automobile che raddoppia il rendimento energetico tagliando del 40% i costi di esercizio. E poi la grande sorpresa (ma non per gli esperti): le nostre case sono pronte a ridurre addirittura ad un terzo il consumo di energia, anche se ruolo di apripista nella riconversione e modernizzazione all'insegna dell'efficienza andrà (o meglio, dovrebbe andare) agli immobili pubblici, vere sanguisughe energetiche.
Sorprese davvero mirabolanti quelle contenute nelle stime e negli auspici degli esperti: è l'efficienza la vera miniera di un'Italia certamente meno sprecona di altri (anche in Europa) ma maledettamente dipendente, più di ogni altro, dalle fonti fossili di importazione, monopolizzata dal gas, protesa verso le rinnovabili ma a costi esorbitanti distribuiti anch'essi all'insegna dell'inefficienza economico-finanziaria-amministrativa.
La bozza di strategia energetica nazionale messa in campo dall'ultimo governo super-tecnico? Forte, inutile nasconderlo, il contrasto tra i buoni obiettivi e l'assenza delle scelte strategiche necessarie. Come dimostra un suggerimento ricorrente nelle osservazioni emerse dalla consultazione pubblica sul progetto governativo. Lo sintetizza bene non solo la Confindustria, che da almeno un quinquennio fa dell'efficienza il faro di ogni studio sull'energia, ma anche, tra gli altri, in due paginette consegnate al Ministero dello Sviluppo, un sindacalista stimato: Carlo De Masi, segretario dei lavoratori elettrici della Cisl.
Troppe centrali elettriche a gas nate in Italia sull'onda di una apertura del mercato forse mal governata? Siccome il vettore elettrico è diventato il più efficiente, orientiamo lì, e non solo con lo sviluppo delle rinnovabili, il sistema degli incentivi. Ecco allora la mobilità elettrica e la climatizzazione con l'ausilio delle pompe di calore negli immobili. Ecco l'idea di accompagnare la progressiva chiusura delle centrali elettriche più vecchie sostituendole con una quota più significativa di centrali a carbone pulito di ultima generazione (almeno altre tre o quattro) rimediando così parzialmente alla nostra sciagurata mono-dipendenza dal gas metano. Ottenendo oltretutto un prezioso effetto volano sulla produzione industriale e sull'occupazione, insiste De Masi.
Il ministero ha qualche giustificazione. Parlare di carbone, ancorché pulito, è a molti indigesto. Premere con vera decisione sulla sostituzione di auto tradizionali con quelle elettriche si scontra con interessi consolidati. Ma qualche sensibilità in più dal nuovo governo di imminente arrivo potrebbe essere gradita. Perché i traguardi da sogno che abbiamo tracciato in apertura di questo articolo sono considerati, non solo da noi, più che raggiungibili.
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