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Questo articolo è stato pubblicato il 15 aprile 2013 alle ore 18:03.

Giorni difficili per la Campania. Con Napoli, in prima fila, dilaniata da eventi drammatici (l'incendio di Città della scienza), mentre la crisi morde (i commercianti scendono in piazza per protestare contro la Ztl) e i vecchi problemi tornano a galla, sopratutto quelli legati all'inquinamento del territorio che, da Bagnoli al Casertano, attende da decenni le bonifiche.
L'economia si barcamena tra gap strutturali e congiunture negative. Con un mercato interno italiano che non si risveglia e l'export che rallenta. Nel 2012 la regione ha realizzato scambi commerciali con l'estero pari a 19,8 miliardi, in calo di oltre il 10% rispetto al 2011; una nuova tendenza, opposta a quella del resto del Mezzogiorno che invece evidenzia un tendenziale positivo (+1%), ma in linea con Centro-Nord e Italia in generale.
Le importazioni – secondo una elaborazione a cura di Srm (centro studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) – sono state pari a 10,4 miliardi (in calo del 17,8%) e le esportazioni a 9,4 miliardi perdono lo 0,5% rispetto al 2011. Primo mercato delle imprese campane resta quello europeo. L'area euro cresce solo dello 0,5% (4,5 miliardi di euro), mentre vanno meglio i traffici verso gli Usa (+25,78%), i Paesi Bric e quelli del Mediterraneo.
In un quadro tanto complesso non scompaiono né perdono smalto le eccellenze della regione o anche le numerose imprese che riescono a difendersi dalla crisi, campioni all'estero come nell'innovazione. «Una lettura attenta dei dati – riflette Paolo Graziano, presidente degli industriali di Napoli – evidenzia andamenti diversi. Vantano buone performance nell'export l'agroalimentare, i mezzi di trasporto, il tessile-abbigliamento e il sistema moda. Bisogna puntare su queste eccellenze del territorio, così come anche sull'automotive e sull'aerospazio». Posizione condivisa. Per il direttore di Srm, Massimo Deandreis «le dinamiche dell'export confermano l'importanza del settore manifatturiero della Campania, delle sue eccellenze produttive. Realtà che mostrano una crescita importante, talvolta anche maggiore di quella riscontrata nel Centro-Nord e del totale Italia».
I dati sono chiari: nel 2012, il settore agroalimentare ha registrato una crescita del 4% (anche se inferiore al dato nazionale del 7%); l'export dei mezzi di trasporto è cresciuto del 9% (contro il calo dell'1% dell'Italia) e il tessile ed abbigliamento dell'8% (contro il 3% del Paese). Performance che migliorano laddove nascono aggregazioni come nel distretto Cis Interporto di Nola. Intanto, nuove prospettive si intravedono grazie a grandi progetti in grado di attrarre anche investitori esteri (come quelli riguardanti i porti di Napoli e di Salerno, oltre al recupero dell'area Orientale).
Mentre si intensificano i flussi turistici, grazie al superamento della grave crisi dei rifiuti e a una politica di organizzazione di grandi eventi, dietro la spinta tra l'altro della Camera di commercio di Napoli. A partire dall'America's cup World series (Acws) inaugurata sabato 13 aprile, al suo ritorno a Napoli dopo il successo del 2012. Senza dimenticare la grande forza di attrazione dei numerosi giacimenti culturali della regione, oggi più di ieri proiettati verso l'estero, come le masse artistiche del teatro San Carlo, appena rientrate da Hong Kong. O i tesori di Pompei in mostra a Londra.
Ma le eccellenze e le positività del territorio campano, è noto, non producono contagio, non riescono a migliorare il sistema nel suo complesso. Cosicché l'elenco delle cose da fare diventa stantio e troppo lungo. «C'è bisogno di una politica industriale integrata, capace di favorire l'attrazione degli investimenti – aggiunge Graziano – Mettere in sicurezza il territorio, rendere la pubblica amministrazione snella e competente e la giustizia civile rapida ed efficiente». Rincara la dose Mauro Maccauro, presidente degli industriali di Salerno: «È fondamentale una politica industriale regionale che sostenga sempre più le aziende per scongiurare l'ulteriore aggravarsi di una crisi che anche in Campania investe soprattutto il comparto manifatturiero».
Il richiamo è diretto sopratutto ai Governi degli ultimi anni che sembrano – dicono gli imprenditori – aver dimenticato il Mezzogiorno. Che, al contrario, il presidente della Regione, Stefano Caldoro, cerca di difendere su tutti i tavoli.
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