Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 07 maggio 2013 alle ore 15:44.
Non sarà facile sciogliere il nuovo rebus dell'energia italiana, in bilico tra oneri fuori controllo per incentivare le rinnovabili e crescenti esigenze di sostenibilità, sia economica che ambientale. Gli obblighi sono ben delineati all'orizzonte: attutire il peso dei sovracosti nelle bollette, che superano mediamente del 20% quelle dei cittadini e delle imprese europee, sull'onda del nostro imbarazzante record nell'import di materie prime energetiche (ben oltre l'80%), della mono-dipendenza dal gas, di una generazione elettrica passata in pochi anni dall'inefficienza di centrali datate e insufficienti alla sovrabbondanza di impianti moderni, ma largamente inutilizzati, da una poderosa avanzata delle rinnovabili con incentivi che hanno premiato soltanto i fabbricanti esteri e hanno addirittura frenato lo sviluppo di una filiera industriale nazionale, assegnando oneri aggiuntivi per oltre 10 miliardi di euro l'anno alle nostre bollette, gonfiandole di un ulteriore 10 per cento. Guai, palesi, del passato. Cosa può e deve fare il nuovo quadro istituzionale, forte (si spera) di un governo al debutto? Può fare molto, persino bene, dicono gli analisti.
Cambia il panorama. Il solare fotovoltaico si avvicina alla cosiddetta grid parity, ovvero la competitività assoluta nei costi di generazione elettrica, anche senza incentivi. Rimane il problema, comune a tutte le fonti rinnovabili, della scarsa programmabilità. Che ci obbliga a ripensare il sistema delle reti, il loro dispacciamento, il mix con le energie tradizionali. Per attivare sinergie operative all'insegna di quella che per noi può rappresentare un'inedita opportunità tecnologica e industriale: le tecnologie e le soluzioni di accumulo a batteria, in grado di affiancare e moltiplicare le potenzialità del tradizionale idroelettrico, come parte integrante delle reti energetiche del futuro. Si sta muovendo Terna, il gestore indipendente della rete. Si muove l'Enel, protagonista nei contatori elettronici intelligenti, nucleo fondante delle cosiddette smart grid.
Ed è proprio l'Enel ad insistere su un concetto sposato da molti esperti: la promozione dell'elettricità come vettore energetico da diffondere anche, ad esempio, nel riscaldamento domestico attraverso i nuovi impianti di climatizzazione a pompa di calore super-efficienti. O con la mobilità elettrica, che garantirebbe due immensi vantaggi: un respiro produttivo al nostro sovrabbondante parco di centrali di generazione, un forte contributo agli impegni ambientali a cui è chiamato anche il nostro Paese.
Vettore elettrico, mobilità, nuova geografia di rete. Emblematico il richiamo che giunge dagli analisti di Bip, primaria società di consulenza energetica: la capacità di sviluppare le reti intelligenti integrate con i sistemi di accumulo vale tre anni di anticipo o di ritardo nella grid parity del fotovoltaico. Grid parity che a certe condizioni sarebbe garantita già oggi, anche senza incentivi, come azzarda qualche operatore.
È il caso di Aba Impianti, che in uno studio lancia una tesi accattivante: nonostante l'imminente esaurimento (si parla di maggio o giugno prossimo) degli incentivi del quinto e probabilmente ultimo "conto energia" per il fotovoltaico, l'investimento in queste soluzioni può essere già adesso redditizio, anche senza alcun sussidio diretto. In pochissimi anni i costi di installazione si sono, infatti, dimezzati assicurando tempi di ritorno comunque inferiori. Aba prende ad esempio un ipotetico impianto da 100 kiloWatt installato per un'azienda che consuma 300mila kiloWattora nel Nord Italia (dove il rendimento è comunque più basso che al Sud), con un autoconsumo del 75% dell'energia prodotta. Il costo stimato dell'impianto è di 125mila euro e si considera un finanziamento dell'80% dell'importo con un tasso d'interesse annuo del 5% per un ventennio. Tenuto conto dell'energia rivenduta in rete, il ritorno economico complessivo sarebbe garantito entro il quinto anno, con un beneficio nell'arco di 20 anni superiore a 250mila euro.
Stime un po' accademiche, al netto di tutti i problemi logistici e soprattutto burocratici che riguardano queste opere. Non a caso proprio qui si concentrano i richiami degli esperti: con la fine degli incentivi diretti è essenziale sgombrare il campo dagli inutili sovracosti che derivano da questi fattori. Ma il richiamo più accorato riguarda un altro settore: l'efficienza energetica, con tutto ciò che gli ruota intorno, in termini di aiuti normativi e incentivi che questo settore merita e continuerà a meritare anche dopo la fine dei sussidi diretti alle fonti rinnovabili. Ancora immensi, nonostante il Paese sia comunque ben messo, i margini nel nostro sistema industriale, nella mobilità ma, soprattutto, nell'edilizia e, in particolare, in quella pubblica.
Verranno resi intanto strutturali gli sgravi fiscali del 55% dedicati, con risultati giudicati unanimemente eccellenti, alle ristrutturazioni edilizie nel segno dell'efficienza? Ancora nessuna certezza. Nel frattempo, consapevolezza e fantasia possono aiutare. Un esempio: la proposta lanciata da Tullio Fanelli, il superesperto già commissario dell'Autorità per l'energia poi chiamato come sottosegretario al ministero dell'Ambiente nel governo Monti. «L'efficienza energetica potrebbe essere finanziata attraverso le emissioni di particolari bond, obbligazioni senza scadenza, con un rendimento lievemente superiore a quelli del Tesoro. Si tratta di una manovra che non genera debito, bensì risparmio energetico e quindi Pil e che ha un forte significato industriale, oltre che sociale e etico», propone Fanelli, esortandoci ad un confronto con l'Ue, «con idee e progetti piuttosto che con il cappello in mano a chiedere di poterci indebitare di più». Una modernità finanziaria che vale forse la pena di sperimentare con cura, ma con decisione.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Permalink
Ultimi di sezione
Dai nostri archivi
Moved Permanently
The document has moved here.