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Questo articolo è stato pubblicato il 21 maggio 2013 alle ore 08:27.

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Dentro la crisi del capitalismo di territorio si fronteggiano due retoriche. La prima è quella della resistenza, secondo la quale quello del piccolo capitalismo – perché di questo si tratta, in fin dei conti – è ormai una questione sociale, della quale bisogna solo cercare di temperare gli effetti. In attesa di Godot, ovviamente, sia esso la ripresa del mercato interno, l'allentamento dell'austerità comunitaria o della stretta creditizia o chissà cos'altro. Quanto questa retorica sia perdente, nelle Marche come in tutta Italia ce lo dicono i numeri della disoccupazione, dei giovani che vanno all'estero, delle imprese che chiudono, così come le piccole grandi tragedie di chi, indebitato, non ha più i soldi per pagare l'affitto e decide di farla finita, come recentemente è successo a Civitanova Marche.

La seconda retorica è, invece, quella del cambiamento, dell'adattamento competitivo, della resilienza. O, come la chiamo io, della metamorfosi. Di quelle piccole, visionarie realtà, in altre parole, che provano a ridefinirsi e a riposizionarsi dentro il nuovo scenario competitivo. Provando a terziarizzarsi e a digitalizzarsi, ad esempio. O a cambiare in meglio il contesto in cui vivono e operano, dalle smart city alle smart community, dalla green economy alla green society. In questa metamorfosi, le Marche mantengono intatto il loro profilo di laboratorio. Caso esemplare è quello della camiceria NeroNote di Ancona che vende online camicie italiane interamente personalizzabili dall'utente stesso. L'insieme di combinazioni permesse dal sito supera attualmente i 15 miliardi, una vetrina virtuale dalla quale l'azienda ha tratto riscontri immediatamente positivi dalla sua strategia di digitalizzazione del business: oltre 10mila utenti registrati, oltre 6mila camicie realizzate e consegnate, l'equivalente di circa 10 negozi medi specializzati in camicie, ed elevata fidelizzazione della clientela.

O ancora, è il caso della Pluservice di Senigallia, che occupa una posizione di assoluto rilievo nel settore dei sistemi informativi gestionali per aziende di Trasporto pubblico locale, tanto da aver realizzato e gestito il sistema di trasporto a chiamata di Cape Town in occasione degli ultimi Mondiali di calcio in Sudafrica. Oggi Pluservice sta provando a fare di Senigallia una smart community, con un progetto che si chiama Trasporto totale, in cui si può pagare il parcheggio e l'autobus col telefonino e in cui gli anziani possono utilizzare i trasporti pubblici a chiamata per andare a fare la spesa.

In relazione alla green economy, infine non si può non citare – e, infatti, l'ho già raccontato più volte – un caso come quello di Microgreen logistics, rete promossa da quaranta imprese del calzaturiero di Macerata e Fermo, Cna Macerata, Legambiente Marche e Symbola per trasportare assieme le merci, percorrendo più di 3.500 chilometri in meno al mese, con relativi risparmi di denaro e di anidride carbonica. Gli esempi potrebbero continuare a lungo. Quelle marchigiane sono già state terre di resilienza nel secolo scorso, dentro l'epopea dei metalmezzardi narrati da Giorgio Fuà, lavoratori agricoli diventati operai prima e capitalisti molecolari poi. Oggi, è arrivato il tempo di esserlo di nuovo. Di completare la metamorfosi da un piccolo capitalismo di prossimità a un piccolo capitalismo di reti lunghe, dal saper fare locale ai saperi terziari e globali. In altre parole, si tratta di passare dal metal mezzadro ad un'imprenditoria digitale, smart e green.

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