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Questo articolo è stato pubblicato il 21 maggio 2013 alle ore 08:26.

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«Oggi il turismo dovrebbe essere il nostro primo asset. C'è bisogno con urgenza di un piano strutturale pluriennale in tal senso, anche per favorire la nautica e un distretto del mare nel suo insieme. Occorre fare sistema e iniziare a sfruttare il nostro "oro nero". Anche attraverso un imponente sviluppo infrastrutturale di strade, aeroporti e porti». Lamberto Tacoli, presidente Crn e marketing manager del Gruppo Ferretti, nonché vicepresidente Ucina (la Confindustria nautica) non ha dubbi: bisogna avere il coraggio di scommettere sul "blue district" marchigiano. «Del resto – ricorda – quando sono venuto ad Ancona nel 1999, si parlava di un nuovo porto per la pesca e una nuova marina turistica, con lo spostamento dei pescherecci dalla Mole per dar spazio agli yacht e a una passeggiata sul mare, e ancora stiamo aspettando, dopo 14 anni». Ciò che manca, secondo Tacoli, è «una filiera che possa contenere questa varietà di prodotto, dalla cantieristica alla diportistica, passando per l'ospitalità fornita a coloro che le barche le utilizzano. Intanto, il valore della produzione nel settore nautico marchigiano è calato di un 40% dal 2009 a oggi».

Poco più a Nord, il nuovo direttore della Marina dei Cesari, la giovane manager fanese Ilaria Cianci, dal fronte dell'accoglienza, risponde per ciò che riguarda l'attracco turistico della sua città natale, 400 posti barca per imbarcazioni fino a 40 metri. «Pur risentendo ovviamente di un calo, conseguente alla flessione negativa nelle vendite di imbarcazioni, siamo sempre alla ricerca di un miglioramento in termini di qualità e di servizi. Ad esempio, aprendoci all'internazionalizzazione, recuperando terreno sulla Croazia ma anche puntando alla Germania, dove stiamo tessendo contatti con una società di certificazione tedesca per entrare più efficacemente in quel mercato», riferisce, facendo cenno al problema del dragaggio e dell'insufficiente pescaggio a ingresso porto. «Nelle Marche non abbiamo un distretto del mare, come invece possono vantare regioni come Liguria e Friuli- Venezia Giulia. Sarebbe un investimento strategico, ma al momento parliamo di qualcosa che ancora non esiste».

Tranchant la posizione, in merito alla blue economy regionale, di Roberto Danovaro, una cattedra in Biologia marina all'Università Politecnica di Ancona con delega alla Ricerca, che allo sfruttamento regionale delle risorse date dal mare ha dedicato un recente studio scientifico. «Le Marche – precisa – godono di 180 chilometri di costa, centrali all'interno del bacino adriatico, che sono una risorsa strategica eccezionale sia in termini energetici che alimentari, produttivi nonché di turismo. E molti sono gli elementi che premiano la politica regionale di centralità del mare, come ad esempio la Macroregione adriatico-ionica e il Forum delle Camere di commercio adriatico-ionico, con sede in Ancona. Ciò che manca è quello che i recenti documenti europei chiamano "blue growth", il mettere a sistema produzione e utilizzo delle risorse legate al mare. E in questa direzione, come Politecnica delle Marche, stiamo stilando un accordo con l'Università di San Francisco per ripopolare di pesci il Mare Adriatico, così da favorire l'ittica».

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