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Questo articolo è stato pubblicato il 11 giugno 2013 alle ore 11:10.

Porto di RavennaPorto di Ravenna

«Il terremoto ci ha insegnato una grande lezione, che ci può aiutare a superare ora questa crisi strutturale: le direttive generali vanno discusse insieme, anche in modo vivace, ma poi dobbiamo andare tutti compatti nella stessa direzione, noi imprese, istituzioni e sindacati. È la coesione la vera forza dell'Emilia-Romagna».

Maurizio Marchesini, da poco riconfermato alla guida della Confindustria regionale, smorza così le preoccupazioni legate a un'economia che non dà segni di riscossa, reduce da un primo trimestre 2013 di allineamento in negativo di tutti gli indicatori industriali e, ciò che più preoccupa, di indebolimento dell'export, il motore del manifatturiero e del Pil regionale, previsto da Prometeia ancora in calo dell'1,1% quest'anno, con una risalita al +1% solo nel 2014.

L'analisi Unioncamere-Confindustria-Intesa Sanpaolo presentata ieri vede infatti in flessione di 1,5 punti percentuali, nel primo trimestre dell'anno rispetto allo stesso periodo dell'anno prima, sia le vendite oltreconfine sia gli ordini esteri (eccezione positiva è il settore moda), con cali ben più pesanti di fatturato (-4,8%), produzione (-4,7%) e ordini complessivi (-5,3%). «Già l'anno scorso abbiamo chiuso con una crescita dell'export del +3,1%, al di sotto della media nazionale – commenta Marchesini – ma non dobbiamo dimenticare che la locomotiva è sotto pressione anche per l'impatto del terremoto, i cui effetti sono però ancora difficili da misurare. Si sta acuendo il divario non tanto tra piccole e grandi imprese, ma tra aziende capitalizzate e internazionalizzate, che si confermano vincenti su scala globale, e quelle chiuse nei confini domestici. La grande dimensione è sicuramente un vantaggio, ma reti e aggregazioni sopperiscono in modo egregio se l'impresa è competitiva, seppur piccola». Lo spostamento dei mercati esteri in crescita sta ulteriormente complicando i processi di internazionalizzazione, «ma credo che oggi il primo problema – sottolinea Marchesini – sia trovare fondi e credito per alimentare gli investimenti sui mercati e sull'innovazione».

Una posizione che trova perfetta corrispondenza nelle parole del presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani: «Le mie tre priorità? Una legge sull'attrattività, per incanalare nuove risorse private sul territorio; un intervento massiccio a sostegno del credito, tra fondo di garanzia nazionale e rifinanziamento dei Confidi, per dare linfa alle imprese; ulteriori investimenti su innovazione e formazione, spending review permettendo. Tre strumenti che servono per rispondere al problema numero uno anche nella nostra regione, l'emergenza lavoro». Gli ultimi dati raccontano di un rapido deterioramento della situazione occupazionale: il tasso di disoccupazione è più che raddoppiato dal 2008 a oggi (dal 3,2 al 7,1% di fine 2012) e tra i giovani under 24 la percentuale di chi non ha un impiego sale al 26,4 per cento. A causa (diretta o indiretta) del sisma si sono persi in regione 4.800 posti di lavoro. Anche il ricorso agli ammortizzatori sociali non trova pace: il 2012 si è chiuso con 13,3 milioni di ore in più rispetto all'anno prima di Cig (tra ordinaria, straordinaria e in deroga si è arrivati a 92,5 milioni di ore) scontando un pesante effetto sisma, anche se oggi nelle aree terremotate i lavoratori in Cig sono 2.700, contro gli oltre 41mila di un anno fa.

Comunque va riconosciuto un lavoro «enorme» – così lo definisce Errani – svolto da Regione, associazioni datoriali e sindacali, frutto sempre di quella capacità di fare squadra che il territorio ha riscoperto, per affrontare le principali crisi aziendali, ultima in ordine di tempo quella di Berco nel Ferrarese, dove sono 611 i lavoratori metalmeccanici in bilico. «Si contano sulle dita di una mano le vertenze che non si sono chiuse con un accordo», nota Errani, commissario delegato prima all'emergenza sisma e ora alla ricostruzione, in lotta costante – da un anno a questa parte sia a Roma sia a Bruxelles – per vedere riconosciuto il diritto di cittadini e imprese terremotati a essere risarciti totalmente dei danni e a non essere penalizzati sul fronte fiscale e contributivo. Una questione al centro delle vicende di questi giorni al Senato sugli emendamenti al decreto 43. «Abbiamo già speso nell'area colpita dal sisma più di un miliardo e 250 milioni. Abbiamo recuperato 10 miliardi per la ricostruzione – puntualizza Errani – e stimiamo ne manchi uno soltanto per la completa copertura dei danni. Gli investimenti si stanno realizzando e da qui a fine anno saremo in grado di valutare anche il loro impatto sulla ripresa dell'economia e dell'edilizia in particolare, il settore che sta pagando il prezzo più alto alla crisi».

«Non credo ci sarà una corsa delle imprese, prima dell'estate, a presentare le domande Sfinge per ottenere i contributi per la ricostruzione. La burocrazia sta rallentando i tempi – afferma il presidente di Confindustria – ma sono certo che il terremoto diventerà l'occasione per riqualificare il territorio e quindi per aumentarne l'attrattività. Non dobbiamo ambire a tornare come prima del sisma, ma meglio e più forti di allora. Sono ottimista. Anche nella lotta innescata dal processo di ricostruzione per ridurre la burocrazia stiamo imparando tutti ad assumerci le proprie responsabilità». Un cambio culturale, un altro segnale della via Emilia che sa guardare avanti nonostante i numeri negativi e i lacci del sistema Paese.

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