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Questo articolo è stato pubblicato il 25 giugno 2013 alle ore 08:30.

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Dall'estero la carica per ripartire

Il ciclone della crisi investe anche le fiere e la prima parte del 2013 si chiude con un bilancio negativo, soprattutto per quei quartieri che non vantano manifestazioni di calibro internazionale. La crisi morde di più i quartieri di secondo e terzo livello e infatti alcune navigano in acque agitate (Fiera del Levante, Genova e Roma), altre sono in liquidazione (Trieste, Fiera Marche, Fiere del Mediterraneo) o hanno chiesto il concordato preventivo (ente Fiera di Reggio Emilia). Nel primo semestre hanno tenuto (in termini di metri quadrati occupati) le grandi manifestazioni come il Salone del mobile, Vinitaly, Micam, Cosmoprof, Lineapelle e poche altre. In evidente difficoltà il nautico e il turistico (settori bersagliati dalla recessione). I bilanci 2012 poi risentono dello scivolone dei prezzi degli spazi espositivi: spesso si è eroso il Mol e qualche volta l'ultima riga si è colorata di rosso o presenta un risultato risicatissimo.

Ettore Riello, presidente di Aefi l'associazione degli enti fieristici che ora compie 30 anni, rammenta che nonostante le difficoltà «le fiere sono un crocevia importantissimo di crescita, da cui origina il 15% dell'export e si concludono affari per 60 miliardi». Secondo Comitato fiere industria (Cfi, l'agenzia di Confindustria) che ha organizzato 23 mostre nel primo semestre del 2013, nelle 12 monitorate si è registrata un'inversione di tendenza dopo anni di trend negativo: gli spazi netti venduti sono cresciuti del 4%, gli espositori del 3% (soprattutto esteri) mentre i visitatori sono balzati del 3,3% (con la componente estera al -5,5%).

«È importante - spiega Gian Domenico Auricchio, presidente di Cfi - la ripresa d'interesse per le fiere specializzate internazionali da parte degli espositori italiani. Confortante è anche la maggiore partecipazione di espositori e buyer stranieri». Poi Auricchio sottolinea il ruolo trainante delle fiere internazionali per la promozione del made in Italy e rilancia il tavolo di coordinamento del sistema fieristico, ora presieduto dal vice ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, cui è stata affidata la delega. I soci del Cfi vantano eventi di primo piano come, per esempio, Cosmit con il salone del Mobile, Unipro con il Cosmoprof, Eicma con il salone del motociclo, Federalimentare con il Cibus. Manifestazioni che si tengono nei principali poli fieristici italiani: Milano, Bologna, Verona, Parma, Rimini.

«Il sistema fieristico italiano – secondo Riello – sta prendendo coscienza della necessità di un approccio coordinato. Le richieste di 72 fiere per accedere al fondo di 500mila euro stanziati dal ministero dello Sviluppo economico a sostegno del progetto di certificazione promosso da Aefi e Cfi sono un chiaro segnale di maturità». E il secondo semestre dell'anno? «Come volete che vada – risponde Enrico Pazzali, ad di Fiera Milano – In un Paese dove falliscono 40 aziende al giorno e 5 sono ammesse al concordato preventivo l'economia non potrà che andare male. E le fiere ne seguono, nel bene e nel male, il trend. In Italia dovremo stringere i denti, ma faremo molto meglio sui mercati esteri». E infatti è proprio dal processo d'internazionalizzazione che stanno arrivando le cose più interessanti.

Nel 2013 le manifestazioni all'estero realizzate da Milano, Bologna, Verona, Vicenza, Parma, Bolzano, Rimini, Riva del Garda e Bari arriveranno a 114 con un balzo del 41% rispetto al 2011; solo le Big 3 ne promuovono oltre un centinaio. Originale, tra business e responsabilità sociale, il caso dell'internazionalizzazione di Ipack Ima (la mostra dell'imballaggio che si svolge a Milano). L'anno prossimo organizzerà a Nairobi East Afripack, la prima mostra B2B, con evidenti implicazioni per la sicurezza dell'approvvigionamento alimentare in Africa. Poi c'è l'alleanza Fiere di Parma, Federalimentare e Fiera di Colonia che ha portato al Thaifex di Bangkok cento imprese italiane del food (erano due l'anno prima) con l'intento di mettere radici nel mercato Asean che dal 2015 potrà contare su 600 milioni di consumatori.

Ci sono anche iniziative promosse da quartieri ritenuti di seconda fascia, come Bolzano e Riva del Garda: la prima (circa 10 milioni di ricavi nel 2012) ha due mostre tra Cina e India e l'altra una in India (la terza edizione di Expo Riva Schuh, calzature). Alla fine i Paesi interessati al processo d'internazionalizzazione sono 16 (tra cui Cina, India, Usa, Brasile, Russia) con merceologie made in Italy: fashion-pelle, food & wine, calzature, edilizia-lapidei, cosmetica, meccanica. Insomma le fiere (secondo le proprie possibilità e strategie) stanno facendo uno sforzo gigantesco per internazionalizzarsi e sfuggire alla depressione italiana. E a volte la regia del Sistema paese aiuta, come nel caso di Veronafiere che ha rilevato la società brasiliana M&M, detentrice di due eventi nel marmo e nel granito. «Gli obiettivi di Verona – sottolinea Riello che è anche presidente dell'ente scaligero – non sono stati raggiunti lavorando in solitudine ma contando anche su Sace, Simest e le associazioni di categoria».

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