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Questo articolo è stato pubblicato il 16 luglio 2013 alle ore 08:28.

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Sede della Provincia autonoma di Trento (AgF Bernardinatti. Archivio Ufficio stampa Provincia autonoma di Trento)Sede della Provincia autonoma di Trento (AgF Bernardinatti. Archivio Ufficio stampa Provincia autonoma di Trento)

Un pugno in faccia così forte non se lo ricordavano da tempo. Infatti, la chiusura dello stabilimento Whirlpool a Spini di Gardolo, progressiva e a partire dal prossimo febbraio 2014 secondo l'accordo-quadro appena siglato, è stata definita in una risoluzione del Consiglio provinciale di Trento «la maggiore lacerazione del tessuto produttivo dopo la crisi degli anni 80». In gioco il posto di lavoro di 466 persone e possibili le ricadute su 86 addetti di aziende fornitrici. Un «uppercut» che, per un attimo, ha steso al tappeto il Trentino, costringendolo a domandarsi che cosa sta succedendo (e come correre ai ripari). Proprio mentre è vicino (a ottobre) il rinnovo del governo della Provincia alla cui guida è già candidato per il centro-sinistra l'autonomista Ugo Rossi.

«Anche il Trentino è in sofferenza», ammette Alberto Pacher, presidente uscente della Provincia. E il presidente dell'Università trentina, Innocenzo Cipolletta, sottolinea che il territorio «deve riflettere su quali progetti possono permettere, in questa fase di recessione globale, di mettere qui le radici di nuove attività economiche». «C'è un chiaro rallentamento – rileva il presidente di Confindustria Trento, Paolo Mazzalai – e proprio per questo dobbiamo avviare un percorso di riassetto di tutto il sistema industriale provinciale, per cambiarne il paradigma». Il problema non è solo la presenza multinazionale sul territorio (al 2011, 19 insediamenti di imprese industriali e 2.818 dipendenti). Per Mazzalai cultura dell'internazionalizzazione e innovazione sono due delle direttrici fondamentali «su cui spingere» sin d'ora. «È basilare – spiega – la volontà imprenditoriale di uscire dal territorio. Dobbiamo aggredire il mercato italiano ed europeo».

Quello dei mercati esteri (anche al di là degli orizzonti europei) è un obiettivo attorno al quale stanno lavorando sia Confindustria sia la Camera di commercio guidata da Adriano Dalpez, sia la Federazione delle cooperative, presieduta da Diego Schelfi, con incontri di presentazione dei Paesi-target, testimonianze d'imprese che fanno export, meeting con delegazioni estere. C'è poi la carta dell'innovazione, che in Trentino ha importanti risorse in istituzioni formative, scientifiche e di ricerca, dall'Università alla Fondazione Kessler, dal nuovo Polo della meccatronica ad altre strutture di rilievo.
«Il nostro territorio – dice Alessandro Olivi, assessore trentino all'Industria – è adatto a una trasformazione del manifatturiero in industria della conoscenza, d'alto profilo». Le basi ci sono e l'Università, come spiega Cipolletta, «saprà svolgere il ruolo di fabbrica di fabbriche». E Università e centri di ricerca sono i pilastri su cui si può fondare una strategia di attrazione d'impresa in Trentino, come sottolinea il direttore di Confindustria Trento, Roberto Busato.

A guardare in profondità nell'economia provinciale si alternano le situazioni positive e quelle negative. Nel 2012 il fatturato dell'economia trentina ha perso 2,6 punti percentuali rispetto al 2011: è sceso del 6% sul fronte locale, del 2,8% fuori provincia, in Italia, ma è cresciuto del 6,5% all'estero. Segno evidente del ruolo che giocano in questa fase i mercati oltreconfine. «Sono in profonda sofferenza edilizia e industria estrattiva», spiega Pacher, mentre il manifatturiero, nel suo complesso, ha tenuto in termini di fatturato 2012.

«Ogni due mesi abbiamo una Whirlpool da affrontare» dice Franco Ianeselli, della segreteria provinciale della Cgil, riferendosi ai circa 250 licenziamenti al mese. «Ed è abbastanza generalizzata – aggiunge – la messa in discussione delle condizioni salariali, specialmente nel metalmeccanico e nelle grandi imprese con più di 150 dipendenti». Ma il quadro è variegato. Se, da un lato, ad aprile scorso la Cig è schizzata fino a quasi 550mila ore autorizzate, dall'altro, ci sono «aziende che hanno aumentato il numero degli addetti». E se c'è Adige Bitumi (145 dipendenti) in difficoltà, c'è anche Marangoni con 320 lavoratori «salvati».

Nel primo trimestre 2013 rispetto allo stesso del 2012 sono addirittura aumentati gli occupati (229.300 contro 225.500), al traino di un forte incremento di lavoro "rosa" (più di 3mila donne). Valore, comunque, inferiore a quello medio del 2012 (quasi 231mila). Senza dimenticare che, nel primo trimestre 2013 (sempre su base annua), è aumentato il numero di chi cerca occupazione (da 16.800 a 18.900 persone) e il tasso di disoccupazione è salito al 7,6% (da 6,9) per effetto del calo tra le donne (da 8,2 a 7,8) e dell'incremento tra gli uomini (da 6 a 7,5). In gioco qui le difficoltà del manifatturiero, ma non solo. Per Giorgio Leonardi, capogruppo Pdl in Provincia, occorrono grandi sforzi per sostenere Pmi industriali e artigianali e, soprattutto, l'edilizia. E intanto c'è chi già lavora tutti i giorni per sollevare le sorti proprie e dell'economia locale. Lo testimoniano i successi all'estero di imprese come La Sportiva, Eurostandard, Felicetti, Dalmec, Metalsistem, Aquafil, Fly, Sws, forti e competitive per il loro prodotto, e il contributo originale dato dalla cooperazione coi suoi 170mila addetti. Quest'ultima, con la sua tradizione di responsabilità e capacità di flessibilità, nel 2012 ha arginato la crisi con un fatturato nel manifatturiero lievemente al di sotto del 2011, a 2,7 miliardi, e un export a circa 400 milioni: Europa, extra Ue, ma anche Asia, Africa e Nord America.

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