Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2013 alle ore 13:06.

My24
L'efficienza salva l'ambiente e il business

Inquinare, disperdere energia termica o elettrica e sprecare risorse naturali non conviene, ora più che mai. È un dato di fatto: imprese, cittadini, enti pubblici possono trarre vantaggi di lungo periodo dalle loro attività solo se agiscono all'insegna della sostenibilità. E questo non solo per salvare il pianeta da un possibile dissesto ecologico, ma soprattutto perché tagliare gli sprechi, ottimizzare i consumi energetici e produrre in modo più efficiente genera risparmi consistenti. Questo a fronte di investimenti ormai contenuti, grazie al calo dei costi delle tecnologie green.

Inoltre per un'industria convertire le produzioni all'insegna della sostenibilità e avviare eventuali bonifiche potrebbe preservare la continuità produttiva degli impianti da possibili futuri provvedimenti giudiziari o norme restrittive. Senza contare gli effetti sulla salute pubblica che l'inquinamento comporta. Il caso dell'Ilva di Taranto - colpita da provvedimenti di sequestro - insegna che la tutela dell'ambiente è sotto i riflettori. Che è tempo di voltare pagina persino nell'Italia dell'insostenibile tasso di consumo di suolo, delle tante procedure d'infrazione europee per la scarsa qualità dell'aria e dell'acqua, delle reiterate deroghe di legge per consentire ai cittadini di bere, in alcune regioni, acqua con alcuni inquinanti oltre i limiti.

I cittadini e le imprese questa nuova sensibilità ambientale (e del proprio portafoglio, più pesante dopo aver tagliato gli sprechi) stanno iniziando ad acquisirla. Senza grandi annunci, è in atto una eco-rivoluzione delle abitudini e dei processi produttivi, con investimenti consistenti non solo nel fotovoltaico (sotto accusa per il peso cumulato dei forti incentivi), ma anche negli interventi di razionalizzazione energetica sugli edifici (spinti dalle illuminate detrazioni fiscali portate dal 55% al 65%) e nella lotta agli sprechi (favorita dalla crisi economica).

Lo confermano al Sole 24 Ore un guru come Mathis Wackernagel, primo ideatore del metodo di calcolo dell'impronta ecologica delle attività umane e presidente del Global footprint network (Gfn), e un consulente strategico d'impresa come Alberto Marchi, senior partner Energia e sostenibilità di McKinsey & Company. «Gli investimenti per ottimizzare l'impiego delle risorse naturali sono importanti per valutare l'efficienza di un'azienda, ma soprattutto possono evitare rischi di perdite future, anche gravi - spiega Wackernagel -. Il maggiore rischio per un'impresa è basare tutta la sua produzione su asset e linee produttive obsolete, inadeguate a produrre valore aggiunto in un mondo che va verso normative ambientali sempre più restrittive. Alle industrie, conviene quindi investire sull'adeguamento green a piccoli passi, puntando sull'innovazione incrementale non solo dei processi ma anche incorporata nei prodotti finali. Meglio una gradualità su base volontaria che dover fronteggiare all'improvviso una nuova normativa che imporrà, presto o tardi, di spegnere impianti non ancora ammortizzati, magari in un momento di mercato debole».

In questo quadro può innestarsi il calcolo dell'impronta ecologica introdotto da Wackernagel e William Rees nel 1996 (che indica quanto le attività quotidiane contribuiscono alle emissioni di anidride carbonica nell'arco di un anno, favorendo i cambiamenti climatici). Un indicatore che può aiutare sistemi economici pubblici o privati a monitorare i consumi di risorse naturali rispetto alla loro disponibilità, non si stanca di ripetere Wackernagel, tra un volo e l'altro del suo "pellegrinaggio" sul pianeta per disseminare semi di conoscenza ambientale mediante conferenze o consulenze a Governi e multinazionali. «L'Italia sta consumando quattro volte più delle risorse naturali a sua disposizione - dice - e questo pone il sistema-Paese a rischio, in un'economia internazionale sempre più efficiente nell'uso delle risorse e restrittiva sul loro abuso. Le imprese ora inseguono una maggiore efficienza. Ma devono sapere che i benefici maggiori degli investimenti green non sono tanto nel risparmio di breve periodo sui costi di materie prime e bollette energetiche, quanto sulla protezione da rischi di perdite future. È in gioco la loro stessa sopravvivenza».

Eppure, i risparmi di breve periodo conseguibili con una svolta ecologica sono tutt'altro che trascurabili. E possono arrivare fino al 15% delle bollette di energia, spiega Alberto Marchi, director McKinsey. «Bisogna distinguere fra tre dimensioni di sprechi: rifiuti solidi, energia e acqua - dice -. Sui primi, ci sono diverse multinazionali che stanno perseguendo con successo la strategia di "zero rifiuti in discarica"; ad esempio Unilever ha già raggiunto questo obiettivo in 130 impianti (252 nel 2015) e P&G in 45 siti industriali, recuperando oltre un miliardo di euro. Questo risultato è stato ottenuto combinando una maggiore efficienza nell'utilizzo delle risorse con iniziative mirate (come la digestione anaerobica dei rifiuti lattero-caseari, nel caso di Unilever)».

«Per quanto riguarda il consumo industriale di energia (elettrica e termica), molti operatori nei settori energy intensive (come acciaio, chimica, raffinazione petrolifera) hanno lanciato numerose iniziative di successo per raggiungere una maggiore efficienza - spiega Marchi -. Riteniamo però che esista un ulteriore significativo potenziale di risparmio ottenibile; infatti stiamo assistendo ad una seconda ondata di iniziative. Anche sul risparmio idrico i consumi potrebbero essere ridotti di parecchio in molti settori industriali, ma pochi operatori pianificano investimenti a riguardo, a causa del basso ritorno economico».

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi

301 Moved Permanently

Moved Permanently

The document has moved here.